In Venezuela continua il muro contro muro tra il Governo del presidente Maduro e l'autoproclamatosi presidente Juan Guaidó che, anche ieri, ha chiamato in strada il popolo a manifestare... ma senza ottenere però un consenso tale da convincere chi attualmente ricopre gli incarichi istituzionali a dimettersi. E ancor meno che suggerisca all'esercito di non dare più supporto al presidente eletto.

Nel frattempo, dopo aver dimenticato gli aiuti umanitari che voleva far entrare in Venezuela dai confini di Colombia e Brasile, Guaidó adesso alimenta il malcontento della popolazione cavalcando il blackout che da una settimana sta interessando il tutto il Paese.

Naturalmente, Guaidó ne assegna la responsabilità al Governo in carica, come ennesimo esempio del disastro causato dall'incapacità di governare di Maduro e dalla corruzione dei suoi ministri.


Sull'altro versante, invece, si continua ad accusare Stati Uniti e Guaidò di essere responsabili del blackout del Venezuela. Ieri, in un primo tempo, il Governo aveva dichiarato il ritorno alla normalità nella gestione dell'erogazione del servizio elettrico e in quella della fornitura di acqua potabile.

Neanche il tempo di rilasciare la comunicazione che subito arriva, sempre da parte del Governo venezuelano in carica, l'annuncio di un nuovo attacco orchestrato contro il Paese, questa volta contro le strutture dell'Orinoco Oil Belt, la più grande riserva di greggio del mondo. Questo è, perlomeno, quanto ha riferito il ministro del petrolio Manuel Quevedo pubblicando il seguente post sul proprio account Twitter.


La responsabilità del nuovo "attentato", di cui non sono stati forniti dettagli sui danni e le possibili conseguenze sulla distribuzione di corrente, secondo Quevedo è da attribuirsi al senatore Usa Marco Rubio e al presidente dell'Assemblea nazionale, Juan Guaidó.

In base alla ricostruzione che il Governo bolivariano dà dell'attuale crisi energetica, da giovedì 7 marzo il Venezuela è stato fatto oggetto di una serie di attacchi cibernetici al sistema di controllo della centrale idroelettrica di El Guri, la cui responsabilità sarebbe da attribuire agli Stati Uniti, con l'intento di generare disordini e creare malcontento tra i venezuelani contro il presidente Nicolás Maduro.