Alla COP26 lunedì è intervenuto l'ex presidente Usa, Barack Obama, per dare la sua interpretazione della crisi climatica in relazione a ciò che è avvenuto in passato e a ciò che potrà (o dovrebbe) accadere in futuro.
"Il tempo sta scadendo: abbiamo fatto significativi progressi dall'accordo di Parigi ma dobbiamo fare di più", ha detto Obama. "Siamo lontanissimi da dove dovremmo essere. È stato molto scoraggiante vedere i leader di due dei maggiori Paesi emettitori, Cina e Russia, rifiutarsi persino di partecipare ai lavori, i loro piani nazionali riflettono quella che appare una pericolosa mancanza di urgenza [nel tagliare le emissioni di CO2]", ma "abbiamo bisogno di Russia, Cina e India ... non possiamo lasciare in panchina nessuno".
Secondo l'ex presidente Usa, gli sforzi per ridurre le emissioni si sono arenati quanto l'amministrazione Trump ha deciso di ritirarsi dagli accordi di Parigi:
"Non ero per nulla felice di questa decisione".
Inoltre, Obama si è detto convinto che nonostante l'opposizione in seno allo stesso partito Democratico, una qualche versione dell'ambizioso piano di Biden per il clima verrà approvata al Congresso nelle prossime settimane.
Gli Stati Uniti, secondo quanto dichiarato da Obama, sono di nuovo pronti, dopo la pausa imposta da Trump, a fare da traino agli altri Paesi per mettere in campo politiche che possano contrastare il riscaldamento globale, sottolineando i pericoli dell'inazione, a partire dai piccoli Stati insulari a pelo d'acqua che rischiano di essere sommersi e che adesso sono diventati "come i canarini che venivano utilizzati nelle miniere di carbone".
Il riferimento è a Simon Kofe, ministro delle Tuvalu, che è intervenuto alla COP26 parlando dalla sua isola con le gambe immerse nel mare, per far meglio capire quali saranno per gli arcipelaghi come quelli di cui fa parte Tuvalu le conseguenze di una inazione a contrasto del cambiamento climatico.
Ma non tutti gli attivisti ambientali pensano che Obama faccia comunque parte dei "buoni":
"Signor Obama, quando avevo 13 anni lei ha promesso 100 miliardi per la finanzia climatica. Gli Stati Uniti non hanno mantenuto quella promessa e questo costerà delle vite in Africa", ha detto in un tweet l'ugandese Vanessa Nakate.
L'ex presidente ha risposto:
“Voglio che rimaniate arrabbiati, ma canalizzate questa rabbia, questa è una maratona non uno sprint”.
E infatti, di maratone Obama ha dimostrato di intendersene, eccome. Ad esempio, nella campagna del primo mandato promise la chiusura del campo di prigionia di Guantanamo. Non solo non è avvenuta, ma addirittura quando Mohamedou Ould Slahi (rinchiuso nel 2002 a Guantanamo) riuscì ad ottenere un processo dove nel 2010 fu stabilita l'ingiusta detenzione nei suoi confronti, l'amministrazione Obama non dette seguito alla sentenza se non fino al 2016.
Sono queste le maratone del democraticissimo Barack Obama.