A seguito della tragedia avvenuta nel sud della Grecia, dove potrebbero aver perso la vita fin quasi 600 migranti, questo il comunicato stampa congiunto cui UNHCR e OIM chiedono un'azione coordinata e percorsi sicuri:
L'UNHCR, l'agenzia dell'ONU per i rifugiati, e l'OIM sono profondamente scosse e rattristate per la perdita di vite umane avvenuta nei pressi di Pylos, nel sud della Grecia, dopo che la mattina del 14 giugno 2023 è affondata una barca che secondo le prime informazioni trasportava centinaia di persone. Le autorità greche hanno lanciato una vasta operazione di soccorso, portando in salvo 104 persone. Finora sono stati recuperati 79 corpi, ma è probabile che il numero sia destinato ad aumentare. Le prime informazioni indicano che la barca era partita dalla Libia ed era in difficoltà da ieri mattina. “Ogni vita persa è una tragedia” ha detto Maria Clara Martin, rappresentante dell'UNHCR in Grecia. “Siamo profondamente costernati dalla terribile perdita di così tante vite. I nostri pensieri vanno ai superstiti e ai familiari delle vittime. Queste morti possono essere evitate attraverso la creazione di più corridoi sicuri per le persone costrette a fuggire dai conflitti e dalle persecuzioni. Nessuno dovrebbe essere obbligato a intraprendere viaggi così pericolosi quando fugge per salvare la propria vita”. “Stiamo assistendo a una delle più grandi tragedie del Mediterraneo e i numeri comunicati dalle autorità sono spaventosi. Questa situazione rafforza l'urgenza di un'azione ampia ed esaustiva da parte degli stati per salvare le vite in mare e ridurre i viaggi pericolosi, aumentando i corridoi sicuri e regolari per le migrazioni” ha detto Gianluca Rocco, capo missione dell'OIM Grecia. Un team dell'UNHCR è arrivato nella città di Kalamata, dove sono stati portati i superstiti, per valutare le necessità e dare sostegno ai sopravvissuti e relazionarsi con le autorità. L'UNHCR ha già fornito beni non alimentari alla Guardia costiera ellenica per assistere i superstiti del naufragio. Su richiesta degli ospedali locali, l'OIM fornirà servizi di interpretariato per i sopravvissuti trasferiti in quella città, accompagnati da un membro del personale dell'OIM. UNHCR e IOM sono pronte a fornire ulteriore sostegno man mano che i contorni di questa tragedia si fanno più chiari. Il Missing Migrants Project dell'OIM ha documentato almeno 29.924 morti nel Mediterraneo dal 2014. Nello stesso periodo 2.292 persone hanno perso la vita sulla rotta del Mediterraneo orientale, nel tentativo di raggiungere l'Europa. L'UNHCR e l'OIM fanno appello agli stati perché cooperino al potenziamento dei corridoi sicuri e garantiscano un'azione coordinata di ricerca e soccorso in mare, continuando a lavorare insieme per trovare soluzioni globali ed evitare la perdita invano di altre vite.
Questo il commento di Emergency:
Un'altra strage, questa volta al largo della Grecia. Quasi 80 vittime accertate al momento in cui scriviamo, ma potrebbero essere molte di più. Ecco la conseguenza della continua chiusura delle frontiere: altre vittime, altre vite distrutte.Una strage che è diretta conseguenza delle scelte di un'Europa che persevera a chiudersi in una fortezza, come dimostra anche l'intesa sul Patto per la migrazione condivisa in Consiglio europeo: barriere rafforzate, procedure accelerate alle frontiere per respingere persone che invece avrebbero bisogno di essere accolte e tutelate. Politiche studiate per difendere i confini e la sicurezza nazionale, non importa a quale prezzo.Istituire vie legali e sicure di ingresso, garantire il diritto d'asilo, avviare una missione navale europea di ricerca e soccorso, anche con il supporto delle ONG impegnate in mare. Queste sono le azioni urgenti da intraprendere per evitare altre stragi e preservare ciò che è più importante: la vita delle persone.
E questo è ciò che Luca Casarini, della ong Mediterranea, ha pubblicato su L'Unità:
Assassinati! Una strage tra le peggiori del Mediterraneo, quella che si è consumata ieri a 47 miglia dalle coste della Grecia.Centinaia di dispersi, forse più di 500, che purtroppo sappiamo che in questi casi presto potrebbero essere dichiarati morti. Bambini, donne incinte, uomini provati dalla schiavitù e dalla detenzione in Libia. Tutti giù sul fondo del mare, dopo aver sperato fino all'ultimo che qualcuno li aiutasse.La HCG (Hellas Coast Guard) in un comunicato che ricorda molto quelli all'indomani di Cutro, butta la croce sulle vittime. “Hanno rifiutato gli aiuti”.Ma intanto la prima cosa concreta ed inconfutabile che si evince da quel comunicato è che la Guardia Costiera, pur avendo a 40 miglia due porti attrezzati con mezzi di soccorso, non è uscita. Hanno fatto muovere navi, motovedette ed elicotteri solo a naufragio avvenuto, come se si trattasse più di costruire un alibi che salvare persone.Ore di continue richieste di aiuto inascoltate, sono un'omissione di soccorso, e una procurata strage. Sapevano tutto dal pomeriggio del 13 giugno. Anche l'MRCC italiano ha sollecitato l'intervento dei guardiacoste greci. Lo sapeva Frontex, che ha segnalato con la solita triangolazione tra il centro di controllo operazioni a Varsavia e Centro di Coordinamento greco. Lo sapeva Malta, anche se questo è totalmente ininfluente, vista il completo disimpegno delle autorità dell'isola-Stato ad occuparsi di queste cose. Lo sapevano tutti, informati immediatamente dall'attivista per i diritti umani Nawal Soufi e dal telefono del soccorso civile Alarm Phone.Di questi loro appelli e richieste di intervento immediato a tutte le autorità e in particolare a quelle elleniche, vi è traccia in mail e anche in appelli pubblici via social. Sul profilo Facebook di Nawal, si può seguire tutta la cronologia di una tragedia annunciata che diventa strage, nel momento in cui nulla si muove per tentare di evitarla, prevenirla o almeno ridurne le conseguenze mortali.Se mezzi attrezzati, e non pescherecci o mercantili di passaggio, fossero usciti, avessero percorso quelle due ore di navigazione per essere lì, vicini a quel barcone stracarico di persone che chiedevano aiuto, a quest'ora non staremmo a contare i morti.Ma anche da morti, non sono né naufraghi né persone. “Migranti in transito” vengono classificati nei documenti ufficiali. Molti di loro saranno senza un nome, senza un corpo. Non avranno nemmeno un numero, come accadde a Cutro per i cadaveri che il mare ha restituito a riva, uno alla volta, per giorni. Cinquanta miglia dalla costa, in uno dei punti più profondi dell'Egeo, sono troppe perché questo accada. I “migranti in transito”, sono naufraghi di serie B, quelli che si possono anche “non soccorrere”. Sono esseri umani consegnati dagli stati europei, alla “probabilità” della morte.Alarm Phone denuncia di aver allertato le autorità greche, insieme a Frontex e UNHCR Grecia, fin da poco dopo le 14 dell'altro ieri. Fino alla mezzanotte, quando poi la barca si è rovesciata, le richieste di intervento sono state continue, incessanti. Il telefono di soccorso ha cercato di far intervenire anche due mercantili, che incrociavano nelle vicinanze, il “Lucky Sailor” e il “Faitthful Warrior”. Ma il primo, l'unico con cui è stato possibile parlare, aveva ribadito di poter intervenire “solo su ordine delle autorità greche”. Da bordo del barcone la voce di chi dal satellitare chiedeva aiuto, si è fatta sempre più flebile. Parlava di 6 persone già morte, o comunque prive di coscienza. Di tante donne e bambini, terrorizzati.“Ci sarà tra i sopravissuti quell'uomo che chiamava?” si chiede Nawal. “Quali parole devo usare adesso per rispondere ai familiari dei morti che mi chiamano per avere notizie?” continua sul suo profilo Facebook. “Ho passato una vita a portare avanti questa missione e non ho mai imparato le parole giuste da dire a una madre che perde un figlio. Le loro voci sono impresse nella mia mente… Decine e decine di chiamate, pianti, urla…”.Non servono i picchetti d'onore per sentire che queste giornate sono di lutto.
Ma quel che è peggio è che la vicenda potrebbe (il condizionale è d'obbligo) nascondere una verità molto diversa e ancor più inquietante.
Secondo quanto riferito dall'ex parlamentare europeo Kriton Arsenis a ThePressProject e ripreso dalla ong norvegese Aegean Boat Report, che monitora e condivide i dati sul movimento delle persone nel Mar Egeo, l'imbarcazione con a bordo i migranti si sarebbe rovesciata mentre era al traino di una unità della Guardia costiera greca.
Ad Arsenis lo avrebbero dichiarato i sopravvissuti che lui ha incontrato all'interno della struttura in cui erano ospitati nel porto di Kalamata.
La Guardia costiera greca ha pubblicato diversi rapporti sull'incidente, in nessuno dei quali si dichiara tale fatto. Allora perché i sopravvissuti avrebbero dovuto inventarsi tale circostanza? E se non se la sono inventata, perché sarebbe stata omessa dai rapporti? Forse perché la Guardia costiera non stava cercando di soccorrere la barca, quanto invece di respingerla, rimorchiandola verso le acque italiane?
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— Aegean Boat Report (@ABoatReport) June 15, 2023