Dichiarazione del Direttore regionale dell'UNICEF per il Medio Oriente e il Nord Africa, Edouard Beigbeder, a seguito dell'escalation di violenza nelle aree costiere della Siria che, secondo le notizie, avrebbe causato la morte di almeno 13 bambini, tra cui un neonato di sei mesi:
"L'UNICEF è profondamente allarmato per la recente ondata di violenza nelle zone costiere della Siria, che, secondo le notizie, ha causato la morte di almeno 13 bambini, tra cui un neonato di sei mesi. L'escalation avrebbe inoltre causato ulteriori vittime e feriti tra i civili, lo sfollamento di migliaia di famiglie e danni alle infrastrutture fondamentali. L'UNICEF fa eco all'appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite alla moderazione per evitare ulteriori perdite di vite umane. Esortiamo tutte le parti a cessare immediatamente le ostilità e a rispettare pienamente gli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario e dal diritto internazionale dei diritti umani.È indispensabile adottare tutte le misure possibili per proteggere i civili, soprattutto i bambini, e salvaguardare le infrastrutture civili essenziali, come gli ospedali. Le violenze in corso evidenziano l'urgente necessità di rispettare queste leggi e di garantire agli operatori umanitari un accesso rapido, sicuro e senza ostacoli per fornire servizi salvavita alle persone colpite dai combattimenti.L'UNICEF chiede a tutte le parti di dare priorità alla riconciliazione e di impegnarsi per una transizione politica pacifica, assicurando che i bambini siriani possano sopravvivere, prosperare e raggiungere il loro pieno potenziale. I bambini siriani hanno sofferto abbastanza. Hanno il diritto di vivere in pace e di sperare in un futuro migliore".
Le violenze, con oltre 1.000 morti registrati negli ultimi giorni nella regione costiera, hanno coinvolto le forze di sicurezza del governo islamista e i combattenti della minoranza alawita, fedele al deposto presidente Assad.
Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, tra le vittime si contano centinaia di civili alawiti, uccisi durante rappresaglie successive agli attacchi alle forze di sicurezza.
Le tensioni sono esplose giovedì scorso, quando le autorità hanno dichiarato che le loro forze nella regione costiera sono state attaccate da combattenti affiliati al deposto regime di Assad. In risposta, il governo sunnita ha inviato rinforzi nelle zone a maggioranza alawita per contrastare quello che ha descritto come un assalto premeditato da parte dei lealisti di Assad.
Con l'arrivo dei rinforzi governativi, le moschee nelle regioni fedeli alla nuova amministrazione hanno iniziato a chiamare la popolazione alla jihad, o lotta santa, a sostegno delle forze di sicurezza. Entro venerdì pomeriggio, sono emerse segnalazioni di decine di civili uccisi in rappresaglie settarie in città e villaggi alawiti. L'Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che 973 civili sono stati uccisi in attacchi di rappresaglia condotti dalle forze governative o da combattenti alleati, insieme a oltre 250 combattenti alawiti e più di 230 membri delle forze di sicurezza governative.
Le violenze hanno colpito duramente città come Baniyas, dove i residenti hanno riferito di corpi sparsi per le strade e case incendiate.
Nota. Gli alawiti sono il secondo gruppo religioso più numeroso in Siria dopo i musulmani sunniti. La loro fede è una propaggine dell'Islam sciita.