Mercoledì alla Camera, si è votato su alcune mozioni che invitavano il Governo ad impegnarsi per l'introduzione del salario minimo.

Il governo Meloni, che continua a pretendere di essere a favore della "ggente" (con almeno due o tre g), si è naturalmente schierato contro le mozioni a favore, perché la "ggente" cui si rivolge e che vota i partiti della maggioranza a supporto di Meloni evidentemente guadagna così tanto da ritenere inutile qualsiasi provvedimento in merito, come dimostra un passaggio della dichiarazione di voto di Chiara Tenerini (Forza Italia): 

"La misura del salario minimo, quindi, da più parti caricata di un contenuto ideologico e di grande appeal mediatico, non rappresenta assolutamente la soluzione ai problemi strutturali che affliggono il mercato del lavoro".

Non è dello stesso parere il dem Andrea Orlando:

"Io credo che vada detto subito qual è il nostro intento: noi riteniamo che sia urgente inserire nel nostro sistema di regolazione del mercato del lavoro un salario minimo legale. Il lavoro povero era già prima del COVID una piaga grave. ... Noi riteniamo che la scelta di introdurre un salario minimo non sia soltanto una scelta di equità, ma una scelta per individuare un altro modello di competizione del nostro Paese, una scelta per costruire un'idea dello sviluppo che non sia basata sulla contrazione del costo del lavoro e sull'infedeltà fiscale. Questa scelta è una scelta che può riqualificare il nostro sistema economico. Lo voglio dire con molta franchezza, mi hanno stupito molto le dichiarazioni del Ministro del merito e della scuola, o della scuola e del merito, non ho capito bene, che pensa di poter fondare un nuovo modello pedagogico, utilizzando la categoria dell'umiliazione. Ora, io dico questo: noi non soltanto non vogliamo che l'umiliazione entri nella scuola, vogliamo che esca anche dal mondo del lavoro".

Il perché dell'importanza di un salario minimo l'ha riassunta Davide Aiello (5 stelle) negli esempi di vita reale da lui ricordati durante il suo intervento:

"Maddalena è una ragazza di 23 anni che vive in provincia di Napoli: “Sono andata a fare un colloquio di lavoro in un supermercato della mia zona. Mi hanno proposto 42 ore a settimana su due turni per 500 euro al mese come cassiera e commessa di reparto insieme. Ho protestato, ho detto che solo di affitto spendo 400 euro al mese. Con uno stipendio del genere non mi sarebbero rimasti nemmeno i soldi per fare la spesa. La risposta del direttore? Ha detto che avrebbero dovuto testare le mie abilità e che comunque a 23 anni quella cifra andava bene”.  Avete capito bene, colleghi: 500 euro al mese per 42 ore alla settimana, ovvero una paga di 2,97 euro l'ora, siamo sotto i 3 euro. Poi c'è la vicenda di Pietro, un giovane che dalla Sardegna si è trasferito a Milano in cerca di lavoro. “Quando sono arrivato, ho trovato lavoro come addetto alla sicurezza in un grande magazzino della città. Ho lavorato dalle 7,30 alle 23,30 con soli 30 minuti di pausa per un compenso di 3,66 euro l'ora”. Sentite questa, perché fa veramente, non dico ridere, ma capire quali sono le richieste da parte di alcuni datori di lavoro. “Era obbligatorio avere la barba perfettamente tagliata ogni giorno, pena la decurtazione di 4 ore dalla busta paga come multa. Speravo di trovare un lavoro pagato dignitosamente a Milano, visto che in Sardegna spesso gli stipendi sono molto bassi, ma mi sono dovuto accontentare di questo per sopravvivere".

Ma anche il cosiddetto terzo polo, tramite il deputato Antonio D'Alessio, ha dichiarato di voler

"impegnare il Governo a recepire, innanzitutto, tempestivamente la direttiva UE 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, naturalmente al fine di giungere all'approvazione di una legge sulla rappresentanza in tempi quanto più possibile ristretti, se possibile anche prima del termine massimo entro il quale era stato individuato un limite temporale ampio, in maniera tale da assicurare la validità erga omnes dei contratti collettivi, combattere il fenomeno del dumping contrattuale e garantire la validità solo ai contratti firmati da organizzazione realmente rappresentative; poi, la previsione di una fissazione di un salario minimo legale inderogabile, non inferiore ai 9 euro l'ora, al lordo degli oneri contributivi e previdenziali; la determinazione di parametri per l'adeguamento periodico della retribuzione minima, con particolare riferimento agli indici economici in materia di tasso di crescita dei salari; l'introduzione di strumenti efficaci di raccolta dati; il monitoraggio, al fine di garantire adeguati controlli, perché questo è un altro problema serio, e, quindi, l'effettiva applicazione dei salari minimi legali, consequenzialmente prevedendo misure sanzionatorie in caso di violazione; prevedere iniziative di informazione e formazione dei prestatori di lavoro".

In pratica, Calenda e Renzi, non hanno  appoggiato le mozioni degli altri partiti di opposizione, perché avevano la propria... così facendo, però, hanno finito per supportare la linea del governo che del salario minimo non vuol sentir parlare... per nulla, riproponendo così al meglio la strategia del dire una cosa e farne un'altra, che ha permesso loro di "far carriera" fregando di volta in volta coloro a cui dicevano di voler essere alleati.

Quale sia la credibilità di tali soggetti ormai non è un  mistero... per nessuno. Un mistero, invece, è come qualcuno possa ancora prestar loro ascolto.