Che effetto fa camminare all'aria aperta ed avvistare all'improvviso, in lontananza, un portale che ha oltre duemila anni? Sentire sotto i piedi che la strada è cambiata, è diventata di pietra ed ha solchi lasciati dal passaggio di carri antichi?

Siamo lungo la via Francigena, in Valdaosta, abbiamo lasciato alle spalle Bard ed il suo forte ottocentesco ed eccoci qui, dopo neppure quattro chilometri, in un altro tempo, un altro paesaggio.

Alla nostra destra c'è la Strada statale 26, accanto alla quale scorre la Dora gorgogliante e turchese; alla nostra sinistra c'è una parete realizzata sbancando il fianco di una montagna: il lavoro di un esercito di scalpellini. Un’antica leggenda narra che, per tale impresa, i Romani fecero ricorso ad un fabbro talmente abile e scaltro da aver imbrogliato il diavolo stesso.

Questa era l'antica  via consolare delle Gallie, realizzata per collegare Augusta Pretoria, l'attuale Aosta, al resto della rete viaria. La strada doveva essere il più dritta possibile e sufficientemente lontana dalla Dora, che già all'epoca era solita gonfiarsi ed esondare, soprattutto in inverno. I costruttori tennero presente anche i repentini cambi di quota tipici del territorio valdostano, dimostrando sorprendenti conoscenze ingegneristiche: stiamo parlando del I secolo prima di Cristo!

Eccoci qui, a camminare sulla storia ed arrivare al grande arco romano che nel Medioevo era considerato la porta di ingresso di Donnas. Ora il borgo antico ha un aspetto medievale: il continuo traffico lungo questa via ha favorito la creazione di punti di ristoro e servizi per i pellegrini ed i mercanti.  

Nel tempo sono sorte case a due o più piani, una accanto all’altra, di pietra, con qualche traccia di affresco ed i tetti di ardesia. Abbondano il legno dei portali in noce ed il ferro battuto delle ringhiere. Le aperture laterali ad arco introducono ad androni bui e riparati.

Che effetto fa trovarsi di fronte a tutto questo?