L’episodio è accaduto a Lecce dove una ragazzina di 12 anni litiga con il suo papà che gli chiede di non usare lo smartphone. Lei, dipendente del dispositivo, si taglia il polso procurandosi una ferita. La lesione è superficiale, ma viene comunque notata dall'insegnante che chiede spiegazioni. La bimba racconta del litigio e dello schiaffo ricevuto. L’insegnante denuncia il caso al tribunale dei minori, intervengono le autorità e decidono di allontanare la bimba dalla famiglia.
Il genitore, un commerciante che lavora tutto il giorno e che già aveva manifestato la sua disapprovazione nei confronti della dipendenza della figlia dal cellulare e da tutto quello che vi è collegato... chat, social, ecc. Un uso distorto, tanto che la figlia non ne faceva a meno anche quando era in compagnia delle amiche.
Il gesto della ragazzina fa pensare. Per lei e quelli come lei uno smartphone è come l’eroina per un tossicodipendente. E finiamo sempre per arrivare, sempre, al solito punto: 12 anni bastano per possedere uno smartphone? Dobbiamo far crescere così velocemente i figli? Perché dovrebebro, a tutti costi, esser o sembrare già degli adulti?
Lasciamo loro il tempo di crescere, di scoprire la vita gradualmente, senza che ne brucino le tappe: non è giusto per loro, non è giusto per noi. Nella vita, ogni passo ha il suo tempo e va rispettato. A 12 anni tagliarsi un polso non è una fiction, ma realtà... è un gesto di folle, di dipendenza, è un segnale evidente di disagio, di fragilità.
È un segnale che invita i genitori ad essere più concentrati sui segnali che lanciano i figli, in modo da poter agire subito e, soprattutto, in tempo.