Innanzitutto un promemoria sul Quantitative Easing. A partire da marzo dello scorso anno, la BCE guidata da Draghi ha iniziato ad acquistare titoli di Stato dei paesi della zona euro per per circa 60 miliardi di euro al mese, per un totale di oltre 700 miliardi di euro in 12 mesi.

Perché questi acquisti? Per bloccare la speculazione dei mercati finanziari sui titoli del debito pubblico dei paesi euro, per consentire alle banche di riprendere e aumentare i finanziamenti alle imprese, tutto finalizzato a riportare l'inflazione media della zona euro almeno al 2%, soglia minima per un livello di ripresa sufficiente a far ripartire le asfittiche economie dei paesi euro.

La CGIA di Mestre ha pubblicato un resoconto con i risultati dopo 12 mesi di QE, e non è certo entusiasmante: «Il livello medio dei prezzi nell’Area dell’euro è cresciuto di appena lo 0,1%, mentre i prestiti alle società non finanziarie (imprese) europee sono scesi dello 0,7%».

Vi sono poi alcuni paesi in piena deflazione come la Spagna e la Lituania, dove i prezzi sono scesi  dello  0,5%,  la Slovenia con lo 0,8% in meno, la Slovacchia  con un -0,4% ed infine anche la Finlandia con un -0,1%.

Per quanto riguarda la situazione in Italia, «nel nostro paese, nonostante la Bce abbia acquistato più di 87 miliardi di titoli di stato italiani, con riferimento agli ultimi 12 mesi, l’inflazione è salita di appena lo 0,2%, mentre i prestiti alle società non finanziarie sono scesi del 2,3 %(pari a una contrazione di 15 miliardi di euro)».

Inoltre, nell'analisi della CGIA, anche se in relazione alle sole banche venete, si fa notare una certa contraddizione nella politica della BCE con un maggiore rigore relativo alle regole di esercizio per le banche che ha imposto un'ulteriore innalzamento della soglia minima di patrimonializzazione, dall'8% al 10,25%, per la concessione dei prestiti che, inevitabilmente, si sono contratti.

Lo studio della CGIA completo con allegate le tabelle di comparazione.