Molti ricorderanno “Pretty woman”, 1990, elegia della prostituzione bonaria, con la poco credibile Julia Roberts (“mi sono fatta i miei clienti fissi”) che incontra un fruitore fico e morbido come Richard Gere e ne viene redenta. Non sono in molti, invece, a rammentare “Pretty baby”, 1977, film d’esordio della allora dodicenne Broke Shields, diventata pessima attrice, prima moglie, imbalsamata dal ruolo ufficiale a discapito del ménage matrimoniale, di André Agassi (che ne parla nella sua interessante autobiografia “Open”).
La pellicola segnò anche l’esordio americano del regista francese Louis Malle, il quale dovette sottostare al codice Hays di fatto ancora imperante a Hollywood a quei tempi; oggi l’opera è divenuta, per i pochi che ancora se ne occupano, oggetto di salaci critiche: né osé alla europea, né slasher movie alla statunitense, insomma una vecchia robetta, peraltro un po’ tagliuzzata dalla censura, che scontenta tutti.
Il tema però resta attuale, visto l’esplosione del fenomeno della pedofilia, ovvero la sua epifania dovuta al web, poiché le attrazioni morbose sono sempre esistite: ma quando possono dirsi tali?
Uno youtuber italiano abbastanza noto, trattando il processo a Massimo Bossetti da innocentista, esce parzialmente allo scoperto quando dichiara che alle donne non piace pensare che i maschi abbiano tendenze alla carne giovane. Il problema si pose, un caso per tutti, anche per Alberto Stasi, definito maniaco dei piedi femminili e dedito a voyeurismo nei confronti delle giovanissime, anche se assolto, almeno, dalle pesanti accuse di pedopornografia.
Tale tendenza viene affibbiata con una relativa facilità, ai giorni nostri, senza che si indaghi sulle reali pulsioni dell’interessato (ma esistono anche donne amanti del genere). Si pensi solo al papà del piccolo Tommaso Onofri, toccato dall’infamia quando, abbiamo letto, sul suo pc vennero trovate immagini proibite, che l’interessato, poi per questo condannato (morto nel 2014) giustificò come oggetto di una ricerca sull’argomento; qualcosa di simile disse anche il valente musicista Augusto Martelli (1940/2014), per qualche anno compagno di Mina, che legò il possesso del materiale a una presunta collaborazione a indagini delle forze dell’ordine, da queste subito smentito. In tali vicende si parla genericamente di bambini.
Si intende che ogni valutazione al riguardo risulta incandescente al solo accenno anche perché, nel tempo, si è fatta strada una corrente di pensiero secondo cui i bambini che spariscono finiscano più o meno dritti lì dentro: per poi essere dirottati, una volta non più teneri, o verso la prestazione “adulta”, o nel giro dell’utilizzo degli organi.
E’ uno scenario agghiacciante, che però spiegherebbe molte storie di sparizioni infantili, o preadolescenziali, che non trovano esattamente una spiegazione nel castello delle indagini, così come costruito da inquirenti e media.
Abbiamo in memoria una tragedia che ci risulta indigesta oltremodo, per come è stata trattata, gestita e (ir)risolta, ovvero la morte dei fratellini Pappalardi, a Gravina di Puglia.
Ciccio e Tore, 13 e 11 anni, che hanno anche una sorella, sono nati da una coppia che ha finito per separarsi tra reciproche e feroci acrimonie; spariscono un giorno di giugno del 2006, inquadrati l’ultima volta da una telecamera stradale, mentre ciondolano per strada.
Viene fuori che mamma Rosa si è riaccasata portando con sé la figlia; proprio mentre si cercano febbrilmente i ragazzini scomparsi leggiamo “Nicola Nuzzolese, sessantenne convivente di Rosa Carlucci, la madre dei fratellini scomparsi il 5 giugno scorso, è stato arrestato con l'accusa di violenza sessuale. La vittima degli abusi sarebbe la sorella maggiore di Francesco e Salvatore, una ragazzina quindicenne…” Repubblica.it – 29 agosto 2006.
Non bastasse, nello stesso periodo, sbigottiti sentiamo anche: “Rosa parlava sempre di un piano, di un segreto, di qualcosa da fare prima della fine della scuola. E l'ha fatto: ha portato via i bambini. Organizzavano il rapimento da mesi". La "verità" sulla scomparsa dei fratellini di Gravina arriva da un testimone "blindato", qualcuno che, almeno così dice la logica, dovrebbe far di tutto per difendere il "sequestratore". Perché a gettare dei dubbi su Rosa Carlucci, ora, è addirittura sua madre…” Repubblica.it – 16 giugno 2006.
Passa un po’ di tempo e le attenzioni si rivolgono a papà Filippo, uomo dotato di un suo fascino di stampo popolaresco, una vaga somiglianza con Robert de Niro, autotrasportatore, che nel frattempo si è risposato con Maria, vedova con due figlie: vivono tutti insieme, i due maschietti, le ragazze della seconda moglie e un nuovo nato dall’unione, in una casa decorosissima. La matrigna appare una brava donna, che fa del suo meglio per gestire la famiglia allargata.
Quando, nel novembre 2007, il pater familias viene arrestato, siamo increduli, anche perché i media ci mettono poco a linciare Filippo, che ci è parso subito vittima designata, a motivo di nostre personali convinzioni che qui non possiamo esplicitare.
Tra orari che non tornano, coetanei dei ragazzini che tacciono o ciancicano versioni sballate, una telefonata in dialetto che sarà oggetto di perizie foniche, e l’incoraggiamento a tener duro che arriva addirittura da Catello Celentano ( papà della piccola Angela, che ben sa cosa significhi essere obiettivo di un’indagine su un figlio inghiottito dal nulla), Filippo si difende disperatamente: a onta delle accuse di essere un padre padrone violento, tratteggiato malevolmente, manco a dirlo, dalla ex consorte, madre dei bambini.
L’uomo verrà scarcerato nell’aprile 2008, solo perché nel frattempo i due innocenti vengono casualmente ritrovati: dove?
In paese esiste una vecchia dimora padronale in abbandono, detta “casa dalle cento stanze”, piena di buche e fossi, che nessuno ha provveduto a transennare, dunque i bambinetti ci vanno a giocare come niente fosse. Uno di loro casca in una di questi sprofondi, si salva grazie ai soccorsi; durante le manovre per trarlo in salvo vengono scoperti i cadaveri di Ciccio e Tore.
Rosa cambia versione e scagiona, bontà sua, l’ex marito: deve essere accaduto qualcosa di strano, qualcuno sa, eccetera.
Babbo Filippo, nonostante finora le sue insistenze non abbiano trovato accoglimento, non si arrende nella ricerca della verità e noi con lui: anche a nome di tanti bambini mai ritrovati, contro un sistema pronto a proclamare che l’infanzia “non si tocca”, quando la vediamo spesso mercificata e lasciata in balia di menti insane.