Come riporta il quotidiano Haaretz, l'attacco di martedì che ha provocato circa 100 vittime nella provincia di Idlib, per il governo israeliano, è stato portato dalla Siria.

Ed un attacco simile, con così tanti morti e feriti, non può non aver ricevuto l'approvazione dei più alti livelli del regime siriano, anche se - sempre secondo Israele - è da stabilire se ad esserne coinvolto sia il solo Assad o anche i paesi che lo sostengono, Russia e Iran.

Per Israele, quanto accaduto martedì nel nord dell'Iraq è l'occasione per poter giustificare un aumento degli interventi dei caccia israeliani in Siria. Interventi a cui la contraerea siriana ha iniziato a rispondere.

Netanyahu cerca un allargamento del conflitto? Di sicuro, la preoccupazione di Israele guarda alle conseguenze successive ad una sconfitta delle forze ribelli nell'area, con la possibilità che Assad possa ripagare i propri alleati con concessioni che per Israele sarebbero intollerabili.

Infatti, l'Iran ne potrebbe approfittare affacciandosi ai confini del Golan e ottennedo un accesso diretto al Mediterraneo. Uno scenario che vedrebbe coinvolto, gioco forza, anche il Libano.

Inoltre, l'accesso al mediterraneo non va interpretato solo nel senso di rotte commerciali, ma anche nel senso di possibili accaparramenti di giacimenti di petrolio in un tratto di mare conteso da Israele.

Pertanto, il conflitto in Siria e nord Iraq dà l'impressione di complicarsi proprio nel momento in cui si prospettava la via di una sua soluzione, anche diplomatica.

E per capire quanto la situazione sia instabile e aperta a tutti gli scenari, bisogna aggiungere che gli americani, contrariamente a quanto annunciato, hanno messo gli stivali sul terreno, anche se - per ora - solo a supporto delle forze alleate. Però, c'è da mettere in conto l'imprevedibilità di Donald Trump e quella dei suoi consiglieri la cui caratteristica è quella di stare dalla parte di falchi e non da quella delle colombe.