Giorgia Meloni, sabato, era a Milano, dove ha fatto la sua prima apparizione pubblica, in via ufficiale, del dopo elezioni, parlando prima dal palco della Coldiretti allestito al Castello Sforzesco per poi farsi un bagno di folla passeggiando tra gli stand e assaggiando i prodotti in mostra.
Che cosa ha detto la Meloni?
Che si sta preparando, nel caso in cui il Quirinale le chieda di formare il prossimo governo, il cui compito sarà quello di "fermare la speculazione" sul costo dell’energia, trovando una soluzione comune in Europa, Una soluzione che però "avrà impatto tra qualche mese" e pertanto serve "intervenire su questo autunno", "capire come affrontare i prossimi tre mesi". Questa "è responsabilità prioritaria del futuro governo e su questo siamo impegnati a lavorare".
In Europa si dovrà "cambiare la postura", perché "leggendo i giornali di oggi, si capisce che quando dicevamo che l’Italia doveva partire in Europa dalla difesa del proprio interesse nazionale non eravamo autarchici, ma lucidi. L’Italia deve partire dai suoi interessi nazionali, per poi trovare soluzioni comuni, come fanno gli altri".
Bisogna lavorare a "una strategia industriale" per l’Italia, "manca da troppo tempo"; si dovrà ritrovare "il controllo delle catene di approvvigionamento altrimenti sei in balia degli eventi", con "le autocrazie che hanno guadagnato campo". Un ragionamento che riguarda anche l’agroalimentare. E assicura che "non intendiamo fare da soli, ascolteremo i corpi intermedi, chi le materie le vive ogni giorno".
In realtà, la Meloni è andata a Milano perché era stata convocata da Silvio Berlusconi, con cui ha avuto un colloquio da lei definito "utile e cordiale".
Come ciò dimostra, le trattative per la squadra di governo sono in corso e Lega e Forza Italia vogliono garanzie su ministri e ministeri di cui vogliono avere il controllo. Una sfida comune da sempre a qualsiasi premier che deve dar seguito alla formazione del proprio governo. Nel caso di Meloni, però, la sfida sembra due volte più complicata, vista la situazione interna e internazionale che richiederebbe che alcuni ministeri chiave siano guidati più da tecnici che da politici, abitualmente interessati alla propaganda e all'autopromozione piuttosto che a far funzionare la macchina dello Stato.
Bisogna poi aggiungere che la granitica alleanza di destra-centro, potrebbe non esserlo più di tanto, anche a seguito del successo ottenuto da Fratelli d'Italia che ha prodotto crepe nelle altre forze politiche della coalizione.
Lo strappo in Lombardia tra Letizia Moratti (Forza Italia) e Attilio Fontana (Lega) che al prossimo appuntamento elettorale per la presidenza della regione si troveranno schierati l'uno contro l'altra, non è certo un segnale di stabilità per Giorgia Meloni, che con il nord dovrà affrontare il nodo autonomia, su cui la Lega e i suoi presidenti di regione hanno già iniziato a battere la grancassa.
E a proposito di Lega, nel consiglio federale post elezioni Salvini si diceva saldo al comando del partito e, detto fatto, il resuscitato (in senso elettorale) Umberto Bossi ha annunciato la nascita di una nuova corrente, "Comitato del Nord", che si contrappone alla linea nazional sovranista imposta dall'attuale segretario. Bossi, infatti, fa notare che la Lega attuale non è più il partito che rappresenta il nord, senza però avere nepure un consenso ampio a livello nazionale.
E queste crepe appena descritte si sono presentate a neppure una settimana dal voto. Figuriamoci che cosa potrà accadere a breve quando inizieranno a circolare le prime nomine con l'assegnazione di ministeri.
Quello di Giorgia Meloni era già un percorso in salita, ma la pendenza che adesso deve affrontare è ben oltre il 20%.