“Cari colleghi europei, non dobbiamo avere paura di Trump…”!
Con questa esortazione, pronunziata poche ore fa a Budapest in occasione del Summit di 40 leader europei, Giorgia Meloni si è candidata ad essere la portabandiera trumpiana in Europa.
Una mossa scaltra, da un lato per rintuzzare l'immediato tentativo di Matteo Salvini di ergersi lui ad unico riferimento di Trump, almeno in Italia, e dall’altro per evitare che sia il premier ungherese Viktor Orban ad essere vissuto in UE come delegato del nuovo corso della politica americana.
Non va dimenticato, però, che è dai giorni del Piano Marshall che l’Italia, nazione formalmente sovrana, è di fatto uno stato satellite degli USA alle cui politiche si uniforma soprattutto, ma non solo, per ciò che riguarda le relazioni internazionali.
Quindi il desiderio di Meloni di essere lei la voce trumpiana in Europa è un puro esercizio retorico perché nei fatti lo è già in quanto premier del governo italiano.
Il problema, però, potrebbe nascere nel momento in cui la nuova amministrazione, a stelle e strisce, dovesse smentire scelte del presidente Joe Biden, alle quali l’Italia si era adeguata, ed adottare indirizzi diversi.
Non è una eventualità astratta perché, ad esempio, in campagna elettorale Donald Trump, con espressione cialtronesca, aveva assicurato che in un giorno lui avrebbe posto fine al conflitto in Ucraina.
È di queste ore la notizia che, da parte di Putin, siano arrivate a Trump oltre alle congratulazioni per la vittoria elettorale, anche una dichiarazione di interesse e disponibilità ad incontrarlo per esaminare le sue proposte per la fine del conflitto .
Ora, ciò che ha in testa Trump è già stato anticipato, a spizzichi e bocconi, in campagna elettorale, cioè: cessazione dei finanziamenti americani e delle forniture di armamenti a Kiev, esclusione dell’Ucraina dalla Nato, annessione alla Russia dei territori occupati, possibili aiuti per la ricostruzione dei terrori ancora ucraini.
Se queste fossero le condizioni per porre fine al conflitto, come si adeguerebbe Giorgia Meloni, portabandiera trumpiana, dopo che per mesi ha incontrato ed abbracciato Zelens’ky assicurandogli il supporto materiale e morale dell’Italia fino al termine delle ostilità con una pace giusta, ed oltre per la ricostruzione dell’Ucraina?
Invierebbe un sms all’amico Zelens’ky comunicandogli che il vento è cambiato e quindi l’Italia non potrebbe più mantenere fede agli impegni presi?
Inoltre, quale atteggiamento assumerebbe la premier a Bruxelles nel caso l’UE (NdR: improbabile!!!) decidesse, invece, di continuare a sostenere Zelens’ky nel conflitto, ed accogliere l’Ucraina nell’UE?
Quali i possibili contraccolpi, infine, sulla stabilità del governo italiano del quale uno dei due vicepresidenti. Matteo Salvini, è dichiaratamente schierato e smanioso di uniformarsi ciecamente alle politiche trumpiane?
Giorgia Meloni alza gli occhi al cielo e si affida alla Divina Provvidenza !