All'inizio di marzo, la Fondazione Di Vittorio ha pubblicato un rapporto in cui si raffronta la retribuzione media del nostro Paese con quella delle maggiori economie dell'Eurozona.
Nel 2017, ultimo anno di riferimento della pubblicazione, le retribuzioni medie italiane sono pari a 29.214 euro lordi annui, in lievissima crescita rispetto al 2001, ma lontanissime da quelle di Olanda e Belgio... e da quelle degli altri Paesi, eccetto la Spagna.
Il dato indicato è stato calcolato sulla base Ocse, riportando tutte le retribuzioni a un impiego continuativo full-time, per consentire di ottenere dei valori che fossero confrontabili con quelli degli altri Stati. Questo metodo, però, non tiene conto di altri fattori quali condizioni individuali di lavoro, crescita di lavori temporanei, part-time...
Così ha precisato sulla questione il presidente della Fondazione Di Vittorio Fulvio Fammoni: «Il part-time italiano è fortemente cresciuto negli ultimi anni, prevalentemente nella sua componente involontaria, e ha una penalizzazione sulla retribuzione oraria molto più alta della media europea (70,1% rispetto al lavoro full time, contro l'83,6). Così come, incide fortemente la crescita della discontinuità nel lavoro degli oltre 3 milioni di lavoratori temporanei».
Quali sono le conseguenze? Che 4,3 milioni di lavoratori dipendenti arrivano ad avere una retribuzione lorda fino a 10mila euro l'anno e, tra questi, 2,4 milioni arrivano addirittura solo a 5mila euro.
«Si conferma – ha proseguito Fammoni – che il divario negativo italiano sullo sviluppo non può essere riconducibile alle retribuzioni; il problema risiede invece, come anche l'Istat certifica nel suo ultimo report sull'andamento del Pil, principalmente nella carenza di investimenti pubblici e privati che determina la bassa crescita e il ristagno della nostra base produttiva e occupazionale».
Lo studio è stato così commentato dalla segreteria confederale Cgil: "I dati in esso contenuti confermano purtroppo le analisi che da tempo proponiamo alla attenzione pubblica e rendono evidente la grande questione salariale che esiste nel nostro Paese. Una questione che insiste in una condizione di elevatissimi tassi di disoccupazione e di lavoro sommerso. Non solo la stagnazione italiana non ha eguali in Europa, ma è evidente che le tendenze nella composizione del mercato del lavoro, in cui sono crescenti lavoro povero e discontinuo, il part-time involontario e il lavoro poco qualificato, aggraveranno tali divari".
La pubblicazione della Fondazione Di Vittorio è utile anche in relazione al recente dibattito sul salario minimo legale. La nota della segreteria Cgil ha trattato anche questo aspetto: "Come abbiamo potuto affermare nel corso di un'audizione alla Camera, il tema che è urgente affrontare, più che i minimi orari, riguarda i bassi salari medi, oltre che gli alti tassi di evasione ed il dumping crescente specie in alcuni settori.
Dati che, oltre alla necessità di far ripartire gli investimenti e un piano straordinario per l'occupazione, rendono prioritario affrontare la questione fiscale. Non è più rinviabile, anche per il peso del carico fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, una riforma che affronti il tema della redistribuzione a favore dei salari e recuperi il principio della progressività con interventi correttivi delle gravi disuguaglianze generatesi anche durante la crisi".