Questo martedì, i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil erano in audizione alla commissione Lavoro della Camera per esprimere la loro valutazione sulla proposta di legge con cui il governo vuole introdurre il salario minimo orario.

L'iniziativa, va riconosciuto, non è illogica per principio, ma deve essere anche valuta in funzione del fatto che in Italia esistono i contratti collettivi nazionali che regolano salari e diritti di molte categorie di lavoratori dipendenti.

Qual è il timore dei sindacati? Che l'introduzione del salario minimo possa essere la leva per "favorire una fuoriuscita dall'applicazione dei contratti, rivelandosi così uno strumento per abbassare salari e tutele dei lavoratori. Un rischio che si fa maggiormente concreto stante la diffusa struttura di piccole e medie imprese presenti nel tessuto economico italiano".

Così, una volta che sia stato introdotto il salario minimo, molte aziende potrebbero giudicarlo molto più conveniente da adottare rispetto al contratto di riferimento di categoria, rimanendo in questo modo perfettamente in un ambito di legalità, ma riducendo diritti e salari dei lavoratori.

Oltre al paradosso sopra riportato per i sindacati confederali, l'orario minimo finirà per diventare "un fortissimo disincentivo al rinnovo di alcuni contratti nazionali relativi a settori ad alta intensità lavorativa, a basso valore aggiunto e a forte compressione dei costi".

Sempre secondo quanto hanno dichiarato in una nota Cgil, Cisl e Uil, "i campi di applicazione di tutti i Ccnl permettono di affermare che ogni attività economica e ogni lavoratore subordinato è coperto oggi da un Ccnl di riferimento e che anche i lavoratori a termine e in somministrazione godono delle stesse tutele retributive degli altri lavoratori subordinati.

Il problema, piuttosto, è costituito dalla proliferazione contrattuale, dalla diffusione di contratti poco e per nulla rappresentativi e in dumping (anche dal punto di vista retributivo) rispetto ai contratti stipulati dalle parti sociali maggiormente rappresentative.

Questo è il vero problema, insieme alla evasione contrattuale e al crescente sommerso in molte attività, che affligge la regolazione salariale in Italia".

L'ultima preoccupazione dei sindacati riguarda un altro aspetto dove il salario minimo potrebbe danneggiare i contratti nazionali. Le retribuzioni garantite dai CCnl non sono costituite solo dai minimi orari, ma anche da altre voci come "tredicesima, in alcuni casi quattordicesima, livelli di inquadramento, maggiorazioni per prestazioni orarie o di altro tipo, ferie, indennità, premi retributivi, ecc.

Non solo: in un contratto a essere regolato non è solo il salario, ma anche tutta una serie di garanzie normative conquistate negli anni: tutele per malattia, maternità e infortuni superiori a quelle previste dalla legge; welfare previdenziale e sanitario."

Può il salario minimo che vuole introdurre il Governo tener conto di tutto questo?