Leggere, scrivere, guardare le figure, cosa fanno oggi le persone?

Per chi scrive è un gran dilemma. Comunicare, nel modo giusto, arrivare a tutti, è davvero una criticità notevole. Pare che nessuno più legga; e lo sanno anche gli algoritmi social: Facebook, Instagram, tutti gli altri. Queste “intelligenze artificiali” addirittura penalizzano le narrazioni “troppo” feconde. Ma non è colpa loro, perché chi legge non va quasi mai oltre le dieci righe. I libri, poi… Si, forse si leggono ancora; ma quali? Di che qualità?

Il fatto è che c'è YouTube, i tutorial, i guru per la tecnologia, e gli influencer che fanno disegnini di un millisecondo o altri esempi smart, come quello della pasta per spiegare la flat-tax.

Prendiamo YouTube. E' fantastico per vedere esempi e capire come fare qualcosa di pratico; per imparare cose semplici, o come puro mezzo di intrattenimento. Per il resto è uguale alla TV. C'è gente che comunica un pensiero, e tu lo sorbisci passivamente. Perché il “tubo catodico”, antico o moderno che sia, quando non è informazione o intrattenimento è un palco, una cattedra, un luogo dove qualcuno parla e tu ascolti, si esibisce e tu stai a vedere.

Non ci sono molti modi per poter gestire il flusso d'informazioni del “tubo catodico”: si può mettere in pausa, tornare indietro, finire tutto d'un fiato e provare a riflettere dopo, con quello che è rimasto in mente.

La lettura è qualcosa di profondamento diverso: è un piccolo miracolo. Quando si apre un libro, si legge un articolo, si apprende da un testo, la mente inizia automaticamente a riflettere, immaginare scenari e creare spazi. Ogni frase e parola aumenta il dettaglio di quel piccolo universo di colori, sensazioni, immagini, ricordi, aspirazioni, che la mente compone ispirata da frasi e parole. Ci si può distrarre attratti dalle sensazioni, approfondire con il proprio io, per poi dire: «Ah! Dov'ero arrivato…?». E riprendere.

Ciò che la lettura può dare è difficilmente riassumibile in poche parole, ed è innegabile il suo potere nel conferire coscienza, conoscenza e capacità di critica.

Quello che oggi allontana dalla lettura è anche la qualità degli scritti. Scrivono tutti, e troppi lo fanno con grande approssimazione, ignoranza, infima qualità, spesso per interessi editoriali o di potere, comunque edificando contenuti su cantilene prolisse e affette da grave anoressia lessicale e costipante. Si, perché comprime anche quel complesso meccanismo immaginativo e creativo di cui parlavo prima, fossilizzando la narrativa in un pensiero atrofico e al presente. Ci avete fatto caso? Mancano sempre più spesso i congiuntivi, l'imperfetto, il passato semplice e composto, così come il futuro e il condizionale.

Questi fattori sono determinanti per fa sì che il nostro cervello inneschi le dinamiche spaziali e temporali utili all'elaborazione di pensieri critici e riflessivi.

Ad esempio, nel romanzo di Orwell “1984” il pensiero veniva ostacolato proprio riducendo i vocaboli e i verbi, rendendo quindi difficile l'elaborazione di concetti astratti e derivati. E' ovvio che riducendo le parole si ha difficoltà a costruire qualsiasi ragionamento.
Anche l'uso smodato della sintesi sortisce effetti simili; schemi, condensati, estratti, per qualcosa di complesso o artatamente reso complesso, non dovrebbero mai esistere, perché in quel caso è necessaria l'analisi e l'approfondimento. E solo alla fine una riduzione a sintesi.

La sintesi viene spesso sbandierata come antidoto alla tipica ampollosità e magniloquenza di certi autori prolissi e difficili. Ma spesso si scopre che sono solo autori scomodi, o la cui narrativa è poco commerciabile, e il loro linguaggio è semplicemente ricco, preciso, forbito, devoto a favorire nel lettore un pensiero affinato e sfumato su questioni molto complesse, che ad alcuni conviene invece liquidare come bianco o nero, giusto o sbagliato.

Molto meglio rischiare qualche iperbole, sorvolare su un concetto ridondante, e gustarsi anche un po' di enfasi o clamore, piuttosto che rimanere incerti e confusi tra le approssimazioni, le dichiarazioni apodittiche, gli improbabili assiomi letterari, l'assertivismo spinto, di cui certa sintesi si nutre.

Le letture, come ben capite, devono essere scelte bene. Profondità e sottigliezze sono in grado di farci raggiungere le più alte cime del pensiero.

Tutto questo non lo troveremo mai nella TV, su YouTube, o surrogato da schemini e riassunti infantili che hanno il fine opposto: non far ragionare nessuno e inculcare dei memi preconfezionati. Ci sono ben poche e fortunate eccezioni, ma hanno addirittura il pregio di sollecitare l'interesse ad approfondire tramite la lettura, fugando qualsiasi ipotesi di volersi sostituire a essa. Trasmissioni come SuperQuark, audiolibri di finissimi e coinvolgenti narratori, sono solo alcuni di queste limitate eccezioni.   

Se sono necessari i “disegnini” animati o meno - e solo quelli - a chi ci stiamo rivolgendo? Ad un consesso di persone mentalmente involute e incapaci di elaborare un testo? E dunque saremmo realmente in presenza di ciò che oggi definiamo “analfabetismo funzionale”.

Entreremmo in una spirale di domande conseguenti, dovendoci chiedere - ad esempio - se gli stessi “disegnini” funzioneranno presso questo uditorio così intellettualmente limitato. Concetti che potete approfondire osservando anche lo stretto legame tra analfabetismo funzionale ed emotivo (cfr: Galimberti o Goleman). E così, anche l'elaborazione delle immagini va a farsi benedire, e vince di solito chi “installa” il primo meme relativo ad un qualunque argomento nella testa di queste persone. Un'installazione permanente!

Va risolto il problema. E' l'unico modo è quello di diffondere e usare la cultura in maniera appropriata: sforziamoci nello scrivere di più e con maggiore qualità, evitando troppe semplificazioni come il ricorso esagerato a video e illustrazioni; E obbligandoci (si, proprio: OBBLIGANDOCI) a leggere il più possibile, immaginare, usare la creatività e dunque ragionare.

Ne trarremo un giovamento e una crescita inimmaginabili. Oltreché un piacere sempre più intenso nel tempo.



Base foto: Sasin Tipchai da Pixabay