Il (post) camerata Ignazio La Russa, dopo le polemiche seguite alle sue dichiarazioni a commento dell'aggressione al giornalista del La Stampa Joly da parte di alcuni estremisti dell'ultradestra fascista e dopo le dichiarazioni di Mattarella, ha ritenuto di dover meglio chiarire il significato delle sue parole in questa lettera inviata al direttore del quotidiano torinese, Andrea Malaguti, in cui il presidente del Senato afferma di non aver mai detto che il giornalista doveva qualificarsi:
Caro direttore, ho letto in prima pagina del Suo giornale il titolo virgolettato: La Russa: «Il cronista pestato doveva qualificarsi». Mi spiace rilevare che le mie parole testuali e il mio pensiero sono totalmente travisate da questo virgolettato. Le unisco a questa mia lettera, il testo e il video del mio intervento in cui, peraltro, condanno ripetutamente senza se e senza ma, la violenza esercitata sul giornalista. Ma ciò che mi preme precisare è che mai ho detto o pensato che Joly «DOVEVA» qualificarsi. Semplicemente, non avendolo fatto e presumendo che gli aggressori non lo conoscessero, si può e si deve parlare di una inaccettabile aggressione — anch'essa senza sconti o giustificazioni — verso un cittadino ma non si può presentare l’accaduto come un attentato alla libertà di informazione. In sostanza, bisogna condannare fortemente la odiosa aggressione — come ho sinceramente fatto — senza però sostenere che vi era stata la inaccettabile volontà di impedire l'esercizio del diritto di cronaca che non può mai essere impedita. Ecco cosa intendessi dire. Semmai, mi sarei aspettato critiche (più o meno giustificate e stranamente quasi assenti) per avere anche affermato che a mio avviso, non sembra plausibile l'affermazione del giornalista secondo cui lui sarebbe capitato per caso, in quelle precise circostanze di luogo e di tempo, davanti alla sede di quel circolo. Avrei preferito che, se non fosse stato un caso, avesse dichiarato sinceramente che era lì per l’esercizio della funzione di giornalista che reputo del tutto legittima. Come vede, nelle mie parole nulla che contraddice al mio ruolo e anzi, solo puntuali (e non dovute) sincere risposte alle domande che mi sono state poste durante la Cerimonia del Ventaglio in cui, innovando, ho dato la parola ai giornalisti che lo desideravano. Da parte mia, come mi è stato riconosciuto anche ieri, c’è sempre stata la massima disponibilità al confronto con la stampa. Spero di non dovermene mai pentire. La ringrazio per la pubblicazione. Questo è il testo del mio intervento: «Non sto giustificando niente, credo che siano estremamente colpevoli, non credo però che il giornalista passasse lì per caso. Devo essere sincero. Non è una sua colpa, però sarebbe stato più bello se lo avesse detto: ero lì che volevo riprendere quella riunione e poi è successo. Questo non ha giustificato minimamente la reazione violenta. Non c’è nulla che possa giustificare il passare dalle parole ai fatti».
Come interpretare quanto scritto dalla "seconda carica dello Stato"? Che l'aggressione è da lui in parte giustificata perché effettuata contro una persona che poteva essere un cittadino qualunque. Colpa del giornalista non essersi qualificato come tale per evitarla.
Ma perché, una persona qualunque non può riprendere un evento che si svolge in un luogo pubblico, su una strada pubblica aperta a tutti?
Inoltre, perché La Russa pretende che il giornalista dovesse spiegare la casualità o meno di essere andato nel luogo dove poi è stato picchiato? che cosa cambia se cio sia andato di proposito o meno? Qual è la ragione? La Russa non la spiega.
Per questo la sua lettera non può essere che commentata solo così: pezo el tacón del buso!