Abbiamo intervistato, per Fai Informazione, il Dottor Gregorio Scribano, opinionista e comunicatore, uno dei pionieri del giornalismo partecipativo in Italia, in merito al discorso di Papa Francesco tenutosi questo sabato presso l’Aula Paolo VI in occasione del Giubileo del Mondo della Comunicazione.

Dottor Scribano, qual è stata la sua prima reazione ascoltando il discorso di Papa Francesco?
Il discorso di Papa Francesco è stato un richiamo potente e necessario. Ha toccato corde fondamentali del nostro mestiere di comunicatori, sottolineando non solo il valore della nostra professione, ma anche la sua missione sociale ed etica. Il Papa ha avuto il coraggio di affrontare temi centrali per il nostro tempo, come l’abuso dei social media e la crisi del pensiero critico. Mi sono sentito interpellato non solo come giornalista, ma come cittadino di una società sempre più frammentata e polarizzata.

La critica del Pontefice verso la “putrefazione cerebrale” causata dal continuo scrolling sui social media è stata particolarmente incisiva. Come vede questo fenomeno nella sua esperienza professionale?
È un’immagine forte ma incredibilmente efficace. Il continuo scrolling non è solo un’abitudine, ma un sintomo di una cultura della superficialità e della dipendenza. Noi comunicatori siamo al centro di questa dinamica: abbiamo il potere di scegliere se contribuire a questa “putrefazione” producendo contenuti vuoti e sensazionalistici, oppure di usare gli stessi strumenti digitali per favorire una riflessione più profonda e un dibattito autentico. Personalmente, cerco di orientare il mio lavoro verso il secondo obiettivo, ma non nego che sia una sfida costante.

Papa Francesco ha parlato della necessità di un’alfabetizzazione mediatica per promuovere il pensiero critico e la partecipazione attiva. Secondo lei, quali sono i passi concreti da fare in questa direzione?
L’alfabetizzazione mediatica deve diventare una priorità educativa, soprattutto per le giovani generazioni. Le scuole, le università, ma anche le istituzioni e i media stessi devono impegnarsi a insegnare a riconoscere fonti affidabili, analizzare i contenuti e distinguere la verità dalla manipolazione. Personalmente, credo che iniziative locali, come workshop o progetti editoriali che coinvolgano attivamente i ragazzi, siano fondamentali. Bisogna anche responsabilizzare i social network e le grandi piattaforme digitali, chiedendo maggiore trasparenza e strumenti per contrastare la disinformazione.

Il Papa ha definito quella del giornalista una “vocazione” e ha sottolineato l’importanza di raccontare i fatti in modo che riaccendano la speranza e costruiscano ponti. Qual è il suo punto di vista su questa affermazione?
Sono completamente d’accordo. Fare giornalismo non significa solo riportare i fatti, ma farlo con consapevolezza e responsabilità. Viviamo in un’epoca in cui il linguaggio può essere un’arma o un ponte. Raccontare storie che mostrano la complessità della realtà senza ridurla a polarizzazioni è una sfida, ma è ciò che rende il nostro lavoro una vera vocazione. Quando scrivo o comunico, cerco sempre di tenere a mente che il mio ruolo non è solo informare, ma anche ispirare e contribuire a una società più giusta.

Infine, il Pontefice ha sottolineato la necessità di difendere la libertà di stampa e la correttezza dell’informazione. Come possiamo proteggerle in un contesto globale sempre più polarizzato e complesso?
La libertà di stampa è il pilastro della democrazia, ma è costantemente minacciata, non solo da regimi autoritari, ma anche da dinamiche economiche e sociali che premiano il sensazionalismo e penalizzano il giornalismo di qualità. Dobbiamo agire su due fronti: da una parte, difendere i giornalisti e le testate indipendenti attraverso leggi adeguate e finanziamenti trasparenti; dall’altra, sensibilizzare il pubblico sull’importanza di un’informazione libera e corretta. Anche noi giornalisti dobbiamo fare la nostra parte, lavorando con integrità e impegnandoci a offrire contenuti che rispettino i lettori.

C’è un messaggio finale che vorrebbe condividere dopo questa esperienza al Giubileo del Mondo della Comunicazione?
Vorrei dire a tutti i colleghi, ma anche a chi consuma informazione, di non sottovalutare il potere delle parole. Come ha detto Papa Francesco, le parole possono accendere la speranza o aumentare le divisioni. La nostra missione, oggi più che mai, è scegliere di costruire ponti, perché solo così possiamo immaginare un futuro di vera comunione e progresso.