La Banca d’Italia, con decisione del 13 dicembre 2019 ha disposto lo scioglimento degli Organi con funzioni di amministrazione e controllo della Banca Popolare di Bari, con sede legale in Bari, e la sottoposizione della stessa alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi degli articoli 70 e 98 del Testo Unico Bancario, in ragione delle perdite patrimoniali.Con il medesimo provvedimento sono stati nominati il dott. Enrico Ajello e il prof. Antonio Blandini quali Commissari straordinari, mentre l’avv. Livia Casale, il dott. Francesco Fioretto e l’avv. Andrea Grosso sono stati nominati componenti del Comitato di sorveglianza. A questi ultimi è affidato il presidio della situazione aziendale, la predisposizione delle attività necessarie alla ricapitalizzazione della banca nonché la finalizzazione delle negoziazioni con i soggetti che hanno già manifestato interesse all’intervento di rilancio della banca.La banca prosegue regolarmente la propria attività. La clientela può pertanto continuare ad operare presso gli sportelli con la consueta fiducia.
Quella riportata in precedenza è la nota rilasciata dalla Popolare di Bari con cui la Banca annuncia di essere sotto amministrazione controllata e di aver già avviato un dialogo con "soggetti" che sono disposti ad intervenire per garantirne il rilancio.
Il soggetto candidato al salvataggio è Mediocredito Centrale, banca pubblica controllata da Invitalia, che prima di intervenire, però, deve essere finanziata dal Governo con circa 1 miliardo di euro, cifra sufficiente a ripristinare la soglia minima necessaria indicata dalle regole bancarie per permettere l'operatività della Popolare di Bari. In sostanza, un'operazione non tanto diversa rispetto a quella messa in campo per Carige.
Venerdì sera era stato convocato un CdM per decidere del finanziamento a Mediocredito al quale non hanno però partecipato le delegazioni dei 5 Stelle e di Italia Viva, per questioni del tutto risibili e illogiche che hanno visto unite le due forze politiche, nonostante abbiano poi cercato di spiegare in modo leggermente diverso le rispettive scelte.
Di Maio dice di voler salvare i risparmiatori ma non i banchieri o i soliti noti che hanno ricevuto prestiti che poi non hanno ripagato. Italia Viva, cioè Renzi che ne è il proprietario tramite Luigi Marattin (il delegato di turno ad agire in sua vece), non ha partecipato al CdM di ieri sera per un problema di "metodo e di merito"... non è uno scherzo.
Né 5 Stelle e neppure Italia Viva, però, hanno spiegato perché le loro perplessità non potessero essere espresse partecipando comunque alla riunione e pretendendo che, prima di concedere il finanziamento a Mediocredito, venissero soddisfatte le loro perplessità, magari rimandando al giorno successivo, se necessario, la decisione definitiva per il via libera dopo eventuali verifiche ed approfondimenti.
Ma la logica non è né di Di Maio e neppure di Renzi.
Così il capo politico dei 5 Stelle si è giustificato, ovviamente confermando che comunque approverà il finanziamento a cui ieri sembrava volersi opporre...
E ancor più confusa, se non addirittura assurda per la sua vaghezza e insensatezza la "giustificazione" di Luigi Marattin sulla decisione di Italia Viva di disertare il CdM convocato ieri. Questo il testo, per chi abbia la pazienza di leggerlo (un classico esempio di imbarazzante arrampicata sugli specchi)...
Per quanto riguarda la vicenda della Popolare di Bari, il premier Conte è poi intervenuto assicurando che ci sarà un nuovo CdM, che sarà garantito l’intervento di Mediocredito Centrale e che l'intenzione del governo è quella di creare una sorta di Banca del Sud per gli investimenti a partecipazione pubblica.
Risolta (presumibilmente) la vicenda pratica legata alla banca pugliese, rimane quella politica legata alla durata del Governo su cui il Pd, nuovamente, ha lanciato l'allarme, invocando responsabilità e dicendo che così non è possibile andare avanti.
La situazione dei 5 Stelle è ormai quella che è. Di Maio è il capo politico di un sempre più ristretto gruppo di parlamentari, in parte in fuga, in parte divisi in correnti e quasi tutti concordi nel ribadire l'insoddisfazione per come il MoVimento è guidato. Quindi, in tale situazione, meravigliarsi dell'imprevidibilità di Di Maio è come credere che il fuoco sia il prodotto di un miracolo.
Discorso diverso, invece, per Italia Viva. Questo Governo è stato imposto con un trucco da Matteo Renzi per avere la possibilità di far nascere il suo partito e di farlo crescere per garantirgli almeno una percentuale minima di voti perché potesse poi essere ago della bilancia in qualsiasi futura legislatura.
L'attuale modesto 3,5% di preferenze nei sondaggi e le vicende giudiziarie che interessano la ex fondazione Open e l'acquisto della sua casa non sono però il miglior biglietto da visita perché i suoi desideri si concretizzino. E allora che cosa vuole fare Renzi per risolvere la situazione?
Cercare di togliersi d'impaccio scrollandosi di dosso, innanzitutto, i problemi giudiziari che lo riguardano. Evidentemente, lui deve pensare che i rapporti politici della magistratura con il potere esecutivo siano così tanto stretti che quest'ultimo possa intervenire per fermarne o rallentare l'azione dei magistrati. Le inchieste mi danneggiano? E allora devono essere bloccate, altrimenti faccio cadere il Governo.
Non è certo che Renzi abbia pensato quanto sopra riportato che, va chiarito, è solo un'ipotesi. Ma la logica, leggendo le illogiche giustificazioni del numero due (così lo indicano le cronache) di Italia Viva, Marattin, fa pensare che Renzi sia talmente disperato da minacciare il Governo con quanto di più classico la tradizione possa offrire in situazioni analoghe: se io devo morire, che anche gli altri muoiano insieme a me...
"Allora Sansone invoca il Signore per vendicarsi dei suoi occhi, si mette tra le due colonne portanti e gridando «Morte a Sansone e a tutti i Filistei!» con tutta la forza fa crollare la casa. Con lui muoiono più persone di quante ne abbia uccise in tutta la sua vita".