Queste le parole di papa Francesco, in relazione alla guerra in Ucraina, nella conferenza stampa sul volo di ritorno dal viaggi apostolico a Malta.
La domanda di Jordi Antelo Barcia (RNE):
Buona sera, Santità. Leggo, perché il mio italiano non è ancora così buono. Nel volo che ci ha portato a Malta, Lei ha detto a un collega che un viaggio a Kiev “è sul tavolo”, e a Malta ha fatto tanti richiami alla sua vicinanza al popolo ucraino. Venerdì, a Roma, il Presidente polacco lasciava la porta aperta ad un Suo viaggio alla frontiera polacca. Oggi ci hanno colpito le immagini arrivate da Bucha, un paese vicino a Kiev, abbandonato dall'esercito russo dove gli ucraini hanno trovato decine di cadaveri buttati per strada, alcuni con le mani legate, come se fossero stati “giustiziati”. Sembra che oggi la Sua presenza in quella zona sia sempre più necessaria. Pensa che un viaggio come questo sia fattibile? E quali condizioni dovrebbero darsi affinché Lei possa andare là?
La risposta del Papa:
"Grazie per dirmi questa notizia di oggi che non conoscevo. Sempre la guerra è una crudeltà, una cosa inumana e va contro lo spirito umano, non dico cristiano, umano. È lo spirito di Caino. Io sono disposto a fare tutto quello che si possa fare; e la Santa Sede, soprattutto la parte diplomatica, il Cardinale Parolin, Monsignor Gallagher, stanno facendo di tutto, di tutto; non si può pubblicare tutto quello che fanno, per prudenza, per riservatezza, ma siamo al limite del lavoro. Fra le possibilità c'è il viaggio. Ci sono due viaggi possibili: uno, me lo ha chiesto il Presidente della Polonia, di inviare il Cardinale Krajewski a visitare gli ucraini che sono stati ricevuti in Polonia. Lui è andato già due volte, portando due ambulanze, ed è rimasto lì con loro ma lo farà un'altra volta, è disposto a farlo. L'altro viaggio che qualcuno mi ha domandato, più di uno: io ho detto con sincerità che avevo in mente di andarci, ho detto che la disponibilità sempre c'è, non c'è un “no” a priori, sono disponibile.Che cosa si pensa su un viaggio… La domanda è stata così: “Abbiamo sentito che Lei pensava a un viaggio in Ucraina”, e io ho detto: “È sul tavolo”, il progetto, è lì, come una delle proposte arrivate, ma non so se si potrà fare, se è conveniente farla, se farla sarebbe per il meglio, se conviene farla e devo farla, è in sospeso tutto questo. Poi, da tempo si era pensato a un incontro con il Patriarca Kirill: si sta lavorando a questo, si sta lavorando e si sta pensando di farlo in Medio Oriente. Queste sono le cose come stanno adesso".
Gerry O’Connell (America Magazine):
Padre, Lei diverse volte durante questo viaggio ha parlato della guerra. La domanda che tutti fanno è se Lei dall’inizio della guerra ha parlato col Presidente Putin, e se no, cosa gli direbbe, oggi?
Papa Francesco:"Le cose che ho detto alle Autorità di ogni parte sono pubbliche. Nessuna delle cose che ho detto è riservata per me. Quando ho parlato con il Patriarca, lui poi ha fatto una bella dichiarazione di quello che ci siamo detti. Il Presidente della Russia l'ho sentito alla fine dell’anno quando mi ha chiamato per farmi gli auguri, abbiamo parlato. Poi, il Presidente dell’Ucraina anche l’ho sentito, due volte. E ho pensato, il primo giorno della guerra, che dovevo andare all’Ambasciata russa per parlare con l’Ambasciatore, che è il rappresentante del popolo, e fare le domande e dire le mie impressioni sul caso. Questi sono i contatti ufficiali che ho avuto. Con la Russia l'ho fatto tramite l’Ambasciata. Inoltre, ho sentito l’Arcivescovo maggiore di Kiev, monsignor Shevchuk. Poi ho sentito ogni due o tre giorni, con regolarità, uno di voi, Elisabetta Piqué, che adesso è a Odessa, ma l’ho sentita quando era a Leopoli. La sento e lei mi dice come stanno le cose. Ho parlato anche con il rettore del seminario lì, con un messaggio ai seminaristi e alla gente lì. Sono in contatto anche con un vostro rappresentante. E parlando di questo vorrei farvi le condoglianze per i vostri colleghi che sono caduti. Di qualunque parte siano, non importa. Ma il vostro lavoro è per il bene comune e questi sono caduti nel servizio del bene comune, dell’informazione. Non dimentichiamoli. Sono stati coraggiosi e io prego per loro, perché il Signore dia il premio al loro lavoro. Questi sono stati i contatti avuti per il momento".
Ancora Gerry O’Connell:
Ma quale sarebbe il Suo messaggio al presidente Putin, se avesse la possibilità di parlargli?
Papa Francesco:
"Il messaggio che ho dato a tutte le Autorità è quello che faccio pubblicamente. Non faccio un doppio linguaggio. È sempre lo stesso. Credo che sotto la sua domanda c’è anche un dubbio sulle guerre giuste o le guerre ingiuste. Ogni guerra nasce da un’ingiustizia, sempre. Perché è lo schema di guerra, non è lo schema di pace. Per esempio, fare investimenti per comprare le armi. Mi dicono: ma ne abbiamo bisogno per difenderci. E questo è lo schema di guerra. Quando finì la Seconda Guerra Mondiale, tutti hanno respirato e detto “mai più la guerra: la pace!”, ed è incominciata un’ondata di lavoro per la pace, anche con la buona volontà di non fare le armi, tutte, anche le armi atomiche, in quel momento, dopo Hiroshima e Nagasaki. Era una grande buona volontà.Settant’anni dopo, ottant’anni dopo abbiamo dimenticato tutto questo. È così: lo schema della guerra si impone. Tante speranze nel lavoro delle Nazioni Unite, in quel momento. Ma lo schema della guerra si è imposto un’altra volta. Noi non possiamo non siamo capaci di pensare un altro schema, perché non siamo più abituati a pensare con lo schema della pace. Ci sono stati dei grandi: Ghandi e tanti altri, che menziono alla fine di Fratelli tutti, che hanno scommesso sullo schema della pace. Ma noi siamo testardi! Siamo testardi come umanità. Siamo innamorati delle guerre, dello spirito di Caino. Non a caso all’inizio della Bibbia c’è questo problema: lo spirito “cainista” di uccidere, invece dello spirito di pace. “Padre, non si può!...”. Vi dico una cosa personale: quando sono andato nel 2014 a Redipuglia e ho visto i nomi, ho pianto. Davvero, ho pianto, con amarezza. Uno o due anni dopo, per il giorno dei Defunti sono andato a celebrare ad Anzio, e anche lì ho visto i ragazzi che nello sbarco di Anzio sono caduti: c’erano i nomi, tutti giovani. E anche lì ho pianto. Davvero. Non capivo. Bisogna piangere sulle tombe. Io rispetto, perché c’è un problema politico, ma quando c’è stata la commemorazione dello sbarco in Normandia i Capi di governo si sono riuniti per commemorarlo; ma non ricordo che qualcuno abbia parlato dei trentamila soldati giovani che sono rimasti sulle spiagge. Si aprivano le barche, uscivano ed erano mitragliati lì, sulle spiagge. La gioventù non importa? Questo mi fa pensare e mi fa dolore. Io sono addolorato per questo che succede oggi. Non impariamo. Che il Signore abbia pietà di noi, di tutti noi. Tutti siamo colpevoli!"
Crediti immagine: Fonte Sala stampa vaticana