Tra gli interventi che nel pomeriggio di martedì, nell'aula del Senato, hanno fatto seguito all'informativa del Presidente del Consiglio dei ministri sulle più recenti iniziative da parte del Governo per fronteggiare l'emergenza da Covid-19, è interessante riportare quello della senatrice Julia Unterberger, presidente del gruppo per le Autonomie che, oltre a ricordarci le contraddizioni dei capi popolo alla Matteo Salvini, capaci persino di definirsi alleati di coloro che poi sono in realtà i loro primi nemici, ha anche dimostrato come si possa essere costruttivi nel merito, senza dover ricorrere alla propaganda. Una banalità che gli italiani che votano, purtroppo, non sembrano in grado di comprendere.


... Come tutti sanno, noi sudtirolesi siamo legati a entrambe le culture, quella italiana e quella tedesca, e possiamo rassicurarla sul fatto che la maggior parte dei tedeschi nutre grande affetto e ammirazione per l'Italia. Questo per dire che non è vero che da parte di tutte le opinioni pubbliche dei Paesi nordici c'è ostilità per una politica della solidarietà, anzi almeno in Germania c'è un accesissimo dibattito sulla condivisione delle risorse per la ripartenza, sul fatto che l'Italia non deve più essere lasciata sola. In particolare, giornalisti, intellettuali e forze progressiste stanno chiedendo a gran voce al Governo un forte segnale con l'introduzione dei coronabond. La cancelliera Merkel ha ripetutamente evidenziato che non è contraria a strumenti di condivisione del rischio. Il suo scetticismo è legato al fatto che gli strumenti devono essere nella cornice dei trattati, anche per ragioni di rapidità. La prudenza sui coronabond è dettata, semmai, dal fatto che in Germania le forze sovraniste riescono a demonizzare questo strumento esattamente come in Italia viene demonizzato il MES. Assurde sono state le reazioni dei sovranisti italiani all'editoriale del giornale di destra «Die Welt», quando è chiaro che dove qualcuno dice «prima gli italiani», da un'altra parte c'è qualcuno che dice «prima i tedeschi».E poi, colmo dell'assurdità, si tratta proprio dei partiti di riferimento della destra italiana. Pertanto, tutti i Governi sono costretti a trovare un punto di equilibrio, proteggendosi dalle fake news dei populisti. Un MES senza condizionalità, con la possibilità di ottenere importanti risorse per le spese sanitarie dirette e indirette, è uno strumento completamente diverso da quello su cui abbiamo discusso qualche mese fa. E soprattutto sarebbe uno degli strumenti che l'Unione europea mette a disposizione e a cui l'Italia non può rinunciare.Sono fiduciosa che, attraverso il buon senso, si possa trovare un compromesso. Tutti si rendono conto che i Paesi del Sud sono i più colpiti dalla crisi e che, se alcuni Paesi non ce la faranno, come in un domino cadranno tutti gli altri. La solidarietà è il principio su cui è fondata l'Unione europea; il nazionalismo è in contraddizione con questo principio.Lo ha detto bene oggi Timmermans [primo vicepresidente della Commissione europea, ndr] nell'intervista a «la Repubblica»: tutti i leader saranno giudicati dalla storia per come agiranno in questa crisi.Presidente Conte, il suo Governo si è trovato ad affrontare una vicenda che nelle sue conseguenze è stata paragonata addirittura alla seconda guerra mondiale; l'Italia è stato il primo Paese in Europa a dover fare i conti con questo nemico invisibile e devo dire che, al contrario di tanti, che vogliono far credere che il Governo non sia all'altezza, questo Governo ha lavorato bene. Le misure erano giuste e doverose, tanto da essere poi copiate da tanti Paesi europei. Adesso, però, Presidente, è venuto il momento della fase 2: i cittadini hanno sopportato con grande disciplina le limitazioni, ma meritano adesso risposte chiare. L'Italia ora può avvalersi della strada e delle esperienze che hanno seguito gli altri Paesi, che hanno già proceduto alle prime riaperture. Il Governo deve avere il coraggio di decidere, senza che i cittadini si sentano destabilizzati dalle tante ipotesi che si leggono ogni giorno sui giornali.Mi auguro che nella decisione si tenga conto anche della situazione delle donne lavoratrici, che con la mancata riapertura delle scuole e degli asili non riescono a svolgere il loro lavoro. Ogni tanto si ha l'impressione che sia dato per scontato che tutto il lavoro di cura dovrà essere a carico delle donne, una prospettiva che, dal punto di vista della parità di genere, ci riporta agli anni Cinquanta.Ad ogni modo, noi crediamo che la strada da seguire sia quella di valutare da territorio a territorio: le curve del contagio sono molte diverse nelle Regioni e nelle Province autonome e si deve dare la possibilità ai governi locali di scegliere, entro le linee guida dello Stato, soluzioni differenziate.Purtroppo non possiamo permetterci di aspettare che la situazione si stabilizzi su tutto il territorio nazionale; questo non è sopportabile per l'economia e per la popolazione. Soprattutto nel Sudtirolo, dove i cittadini ogni giorno fanno il confronto con l'Austria, la Germania e la Svizzera, le pressioni sul governo locale sono davvero tante. Non si capisce perché non possano tornare a produrre le imprese che sono in grado di mantenere le misure di distanziamento sociale, perché non si aprano i cantieri per mettere a posto strade, ponti e scuole, perché non ci si attrezzi per la stagione del raccolto, rispetto alla quale, come stiamo scoprendo, all'agricoltura manca la manodopera. Le orge di discussioni, come le chiama la cancelliera Merkel, ce le teniamo per il dopo, per capire cosa dobbiamo cambiare del nostro modello sociale dopo la crisi, in che modo vogliamo vivere e cosa vogliamo imparare da tutto questo. Dobbiamo puntare sull'economia sostenibile, valorizzare la sanità e tutte le professioni di cura che sono svolte soprattutto dalle donne, con retribuzioni finalmente adeguate; avere un altro approccio nello sfruttamento degli animali negli allevamenti, se non per motivi etici, almeno per difenderci da nuove eventuali trasmissioni virali; rafforzare le economie locali per i beni di prima necessità, perché non è socialmente e ambientalmente sostenibile che arrivino da migliaia di chilometri di distanza.Queste sono le grandi domande sulle quali occorre avviare una grande riflessione, per fare in modo che da questa crisi possa nascere una società migliore.