L’Italia è il paese dei cosiddetti “furbetti”. Sembra che non se ne sia mai accorto nessuno, e il termine pare venuto alla ribalta solo a causa di quei fannulloni mangia pane a tradimento dei percettori del Reddito di Cittadinanza, ovviamente per la sola quota degli odiosi “occupabili” (altro termine di nuovo conio). In realtà, questi 4 furbetti del RdC, che fanno da capro espiatorio per le becere manovre di palazzo, sarebbero solo gli ultimi arrivati.
Prima di loro c’erano i furbetti dell’invalidità, assieme a una pletora di altri colleghi: i furbetti dei concorsi (truccati), delle tasse (evase), della politica (al soldo), dell’edilizia (abusata), dei fondi statali (truffati), e chi più ne ha più ne metta. A seguire la stessa soluzione metodologica della tagliola contro il RdC, si finirebbe per estirpare tutto e cancellare l’Italia. E’ tutto un “furbetti”, signori miei!
Questioni davvero modeste, se ora volessimo osservare la vera radice della furbizia.
Il titolo dell’articolo è abbastanza esplicito: dobbiamo parlare dei furbetti dell’economia, che non sono solo Italia ma dappertutto. Come del resto gli altri tipi di furbetti citati prima; ma rispetto ai furbetti dell’economia ogni altro furbetto deve correre a nascondersi. Qui parliamo di roba grossa, menti eccelse, gente che con la furbizia ha costruito imperi, e continua a costruirne. Un tipo di furbetti che suscitano fascino, invidia, desiderio di emulazione, da parte di quei pivelli citati prima. E appunto: me li volete paragonare a chi fa la cresta sull’invalidità, piuttosto che a chi si fa eleggere per stipendio e privilegi ma con l’obbedienza verso le loro eminenze grigie? Certo che no!
Ma cosa fa esattamente un furbetto dell’economia?
Anzitutto conosce molto bene i meccanismi dell’economia globale. Ma davvero bene. La legge domanda/offerta, i finanziamenti pubblici e privati, le tecniche di elusione fiscale (che non è evasione), i paradisi fiscali annessi, le scatole cinesi, i prodotti fittizi, la novità del millennio: “le start-up!”, etc. Ma sopra ogni cosa conosce l’alta finanza!
Mettiamo da parte la prima serie di cose, in quanto molte di queste sono anche alla portata della “plebe”, ossia quella parte di furbetti dell’economia che se la cavano bene ma non riescono ad arrivare al traguardo più importante: la finanza, appunto. Per giungere a questo livello occorre saper padroneggiare un mondo piuttosto complesso e quei grafici che si inalberano e inabissano anche in poche ore, riguardanti tutto ciò che esiste e – ancora meglio – ciò che non esiste: valori aziendali (titoli azionari), swap, futures, commodities, opzioni, e decine di altri strumenti finanziari affini. Proprio in questi giorni, molti di voi avranno rivisto per l’ennesima volta “Una poltrona per due”. Ecco, lì c’è un esempio di scuola di come funzionano i futures, in quel caso del famoso “succo d’arancia surgelato”, che nelle prime ore di una mattinata fece diventare poverissimi i personaggi magnati dei fratelli Duke e ricchissimi i nostri due Ray e Louis.
Come può una “scommessa”, perché di questo si tratta, distruggere o creare imperi economici in poche ore? Non è lavoro. Non si produce nulla. Semplicemente si usano delle informazioni su una situazione geopolitica o un’azienda, e si scommette su questo. Perfino il denaro, oggi, è oggetto di scommessa e di acquisto/vendita. Non si usa più il termine “pagamento”, ma diventa una transazione di acquisto e vendita di una data moneta con un altra (quando si tratta di cambi o transazioni estere). E tutto oscilla costantemente, nulla ha valore certo e concreto.
Il denaro, le aziende, le risorse di un paese, non si misurano più per quello che sono, cioè per il loro valore tangibile e fungibile, di produzione e proprietà, ma per un valore assolutamente privo di significato come la “fiducia”. Se qualcosa vale 1, e le persone iniziano ad acquistare i suoi titoli in borsa, significa che la gente ha fiducia in quel qualcosa è automaticamente essa acquisisce valore. Solo per effetto di queste transazioni, quella cosa può arrivare a valere 100, anche nel giro di poche ore. Viceversa, se perdono fiducia e vendono i titoli quella cosa partita sempre da 1 può tranquillamente giungere a 0,01.
Nel frattempo non è accaduto nulla. Solo voci, potenzialità; un’azienda che ad esempio vuol investire in qualcosa o ha registrato un brevetto, piuttosto che un paese che aumenta o diminuisce il suo debito pubblico. Cose prive di ogni reale significato e oggettiva razionalità, come il caso recente di Elon Musk, che pochi giorni fa avrebbe perso 200 miliardi di dollari (l’equivalente di circa 6 manovre finanziarie italiane!) a causa del calo delle azioni della sua impresa di punta, la Tesla. Ma cosa gli è successo? Hanno preso fuoco tutte le fabbriche? Gli hanno invalidato i brevetti? Non vende più? Nulla di tutto ciò. Le infrastrutture e proprietà sono solidissime e Tesla va alla grande! Però gli investitori hanno deciso che Musk si sta occupando troppo di Twitter e un po’ meno di Tesla, e quindi hanno iniziato (iniziato, eh?!) a perdere fiducia e vendere titoli. Rieccola: la fiducia!
Il mercato borsistico-finanziario ha origini antiche e scopi ben diversi, come quello di trovare nuovi strumenti di finanziamento per paesi e imprese. I primi rifinanziando il loro debito pubblico attraverso i famosi “titoli di stato”; mentre i secondi attraverso le azioni e strumenti fungibili. Ma il tempo è trascorso malamente. Le banche e i fondi d’investimento (nati per circostanza) hanno fiutato l’affare speculativo, inventando strumenti tossici di ogni genere, cambiato orari, metodi, limiti e regole di transazione, quotato anche l’aria che si respira, e dunque stravolto completamente lo scopo originario. Poi, una pletora di piccoli investitori, speculatori e sognatori, hanno seguito a ruota questa nuova epoca dove i beni tangibili sono diventati una questione superflua, e la scommessa ha travalicato la fiducia anche della solidità, dedicandosi unicamente a seguire il prezzo che sale e scende in base a chi vuole che vada così.
Pensate se un imprenditore iniziasse a pagare i dipendenti non per il loro ruolo e rendimento nell’azienda, ma in base alla fiducia. Immaginiamo Elon Musk che approccia uno dei suoi dirigenti e gli dice: «Uhmmm… oggi ti vedo palliduccio, sicuramente non lavorerai molto bene, quindi questa giornata te la pago al 22%». Sarebbe interessante provare.
La macabra danza dell’alta finanza giunge allo zenith nel momento in cui si realizza la necessità di dover tenere il mercato sempre in movimento. Le sessioni di trading finanziario sono fortemente penalizzate nei momenti di calma e benessere generale, specie se riguardano grandi aree geografiche e stati sovrani che trovano un qualche equilibrio. L’equilibrio appiattisce i grafici di trading, facendo guadagnare molto poco. E’ dunque necessario che il mercato venga continuamente movimentato da eventi economici, sociali e geopolitici: disuguaglianze, governi contestati, piccoli e grandi fallimenti, bolle speculative, start-up gonfiate e sgonfiate, problemi civili dei paesi, previsioni e oscillazioni dei PIL e dei debiti pubblici, sommosse, guerre, etc.
Qualcuno deve provvedere a tutta questa “movimentazione”! Così arrivano i problemi… e si animano però, in maniera molto ghiotta, quei grafici che in un solo giorno sono in grado di creare paperoni o distruggere imperi economici e ammorbare paesi. Ma in generale si è costituito uno zoccolo duro di paperoni – super furbetti dell’economia! – che ormai hanno in mano i mercati finanziari e dettano legge in lungo e in largo, decidendo sorti di politici, governi, aziende, e ciò che gli pare. E di tanto in tanto sentono anche il bisogno di aggiornare i propri conti bancari (meri numeri, poiché il denaro reale a copertura non esisterebbe nemmeno). La “plebe” versa l’obolo anche attraverso sistemi ancora più stupidi e inutili che la tecnologia ha consentito di recente: Cryptovalute, Metaverso, Nft.
Come siamo arrivati a dare in pasto i nostri paesi e le nostre vite a questi furbetti dell’economia?
Lasciamo perdere. Concentriamoci perlomeno su come possiamo venirne fuori. E starsene sul divano, perché sfiancati dalla giornata di lavoro, non è certamente la soluzione giusta. Si consideri, perlomeno, che lo sfiancante lavoro (inutile) è ciò che tiene in piedi questo sistema, in cui si è solo pedine a vario titolo, ma viventi in una quotidianità presa costantemente a pugni e conquistata a suon di vigorose spallate. Quanta energia sprecata? Si potrebbe anche avere l’ambizione di conservare tale misero futuro, ma senza alcuna certezza di poterlo consegnare, anche misero com’è, ai propri eventuali eredi.
Non sta accadendo nulla di particolare, intendiamoci. E’ naturale che certe cose accadano perché l’uomo non è perfetto. L’importante è rendersene conto e smussare le spigolature evoluzionistiche. La catastrofe arriva solo quando si fa finta di niente.
📸 base foto: TheInvestorPost da Pixabay