Una parte dell'opinione pubblica per giustificare l'uscita dall'Europa utilizza il sistema bancario come grimaldello. Con i soldi dei cittadini europei sono state e sono aiutate le banche che però non utilizzano il denaro ricevuto per estendere il credito alle imprese e alla gente.

Ma oggi scopriamo che anche le banche, almeno quelle italiane, hanno i loro cahiers de doléances per prendersela con l'Europa: «All’Italia non è stato permesso dalle autorità europee di adottare strumenti di smaltimento dei crediti deteriorati prima introdotti in altre parte d’Europa». Lo dice Patuelli, presidente dell'Associazione Bancaria Italiana, oggi riunita a Roma  al Palazzo dei Congressi per la 56.ma assemblea delle aziende associate per "fare il punto sulla situazione economica attuale e prospettica dell’Italia e dell’Europa e illustrare l’impegno delle banche italiane per la ripresa".

Quindi, con le parole del suo presidente, anche l'ABI ha qualcosa da rimproverare all'Europa: «La BCE-Sistema Europeo di Banche Centrali, nelle proprie competenze, ha fatto ogni sforzo di unificazione regolamentare per fondare e sviluppare la Vigilanza unica, ma mancano gli indispensabili Testi Unici bancario, della finanza, del diritto societario e fallimentare, del diritto penale dell’economia e dei principi contabili: servono regole identiche per far funzionare correttamente il mercato unico integrato delle banche e della finanza, per garantire, senza eccezioni, l’uguaglianza delle condizioni di partenza della concorrenza.

Senza questi Testi Unici europei, la Vigilanza unica si muove in ambiti limitati e contraddittori che permettono tensioni fra gli Stati e le economie nazionali che, anche per le difformità fiscali, accentuano la concorrenza conflittuale. L’Europa deve crescere con un disegno strategico comune che punti alla crescita di tutti. Questa era l’impostazione, sessant’anni fa, dei Sei Paesi Fondatori e con questa visione l’Unione Europea può superare la crisi rifiutando anche ogni pretesa egemonica».

Secondo Patuelli, «è inammissibile che qualcuno metta il veto sulla realizzazione del “terzo pilastro” dell’Unione bancaria, l’assicurazione europea dei depositi. Altrimenti debbono essere ridiscusse tutte le altre basi su cui poggia l’Unione bancaria, come quelle che hanno creato problemi all’Italia.

Non è ammissibile cercare di imporre nuovi vincoli agli altri e sottrarsi agli impegni assunti. Così l’Unione bancaria non si consolida, ma cresce la sfiducia verso l’Unione Europea».

E Patuelli ricostruisce pure le ultime vicende di sostegno alle banche italiane, ricordando che non hanno usufruito degli aiuti di Stato che in passato hanno rimpinguato le casse delle banche di altri paesi (ogni riferimento alla Germania è assolutamente voluto), che «hanno sopportato i costi morali ed economici di cavillose interpretazioni burocratiche della Commissione europea che hanno impedito i meno onerosi e meno iniqui interventi già decisi dal Fondo interbancario» auspicando anche «un calmiere anche per l’onerosità a carico delle banche per la contribuzione ai numerosi fondi anche obbligatori europei, soprattutto a quelli ai quali l’Italia non ricorre».

E dopo aver ipotizzato l'incostituzionalità del bail-in, Patuelli dice che «occorre semplificare e non più eccedere nella crescita esponenziale delle normative bancarie: le regole di “Basilea 1” erano scritte in 35 pagine, quelle di “Basilea 2” in 347, mentre per “Basilea 3” si impiegano 2.000 pagine più altre 2.500 di più complesse regole tecniche. Tutto ciò non favorisce l’indispensabile “trasparenza semplice”».

E sempre sulle critiche dell'Europa alle banche italiane, il presidente dell'ABI ricorda che «le infrastrutture tecnologiche bancarie in Italia sono fra le più avanzate, come dimostrano anche le innovazioni continue nei sistemi di pagamento e nella lotta alle frodi informatiche.

Il numero delle banche in Italia si è assai ridotto: il mondo del Credito cooperativo sta andando soprattutto verso un grande gruppo bancario cooperativo. Gli altri gruppi bancari italiani e di matrice internazionale sono 63 e le banche indipendenti sono meno di 70, tutti impegnati in una forte concorrenza e con rapporti diretti e profondi con le imprese come chiede il nuovo Presidente di Confindustria.

I dipendenti bancari in Italia sono meno della metà di quelli della Germania e inferiori di un quarto a quelli della Francia. Il totale dell’attivo dei primi cinque gruppi rappresenta il 47% del mondo bancario in Italia (senza contare le fusioni in preparazione), mentre in Germania è del 32%. Anche confrontando il numero delle banche con quello delle imprese in genere, in Italia ci sono molte meno banche che in Germania e meno della metà rispetto alla popolazione. Per gli sportelli le statistiche sono continuamente superate dai fatti: l’Italia ne aveva circa 30 mila, in rapida, continua ulteriore riduzione, mentre 35 mila erano in Germania, 37 mila in Francia e 32 mila nella meno popolata Spagna».

Ed anche nella chiusura del suo discorso, Patuelli si richiama ad un Unione Europa delle origini, facendo intendere che quella attuale ha deviato dallo spirito iniziale: «Occorre sempre essere consapevoli delle responsabilità, anteporre le regole, il metodo e l’intransigenza morale, con realismo e lo “sguardo lungo”, per sviluppare l’Italia in un’Europa che deve divenire più responsabile e più giusta, correggendone al più presto le criticità e i limiti, con un salto di qualità che inverta la tendenza al pessimismo e alla disgregazione, riprendendo e realizzando i sogni dei Sei Paesi fondatori».