Iniziamo con un promemoria di come si faccia impresa in Italia, ovviamente da parte di "certe" aziende, comunque in grado di mantenere o creare siti produttivi con livelli occupazionali significativi.
Prima di tutto, quelle aziende ottengono denaro pubblico sotto forma di incentivi, sgravi fiscali, prestiti garantiti ed altro "promettendo" di mantenere o creare determinati livelli occupazionali. Una volta ottenuto quello che gli era stato promesso minacciano di chiudere la produzione, in modo che lo Stato offre loro ulteriori finanziamenti per mantenere il sito produttivo funzionante. Infine dopo aver spremuto tutto il denaro pubblico, acquisito o sperimentato il know how patrimonio del sito collocano a spese dello Stato i lavoratori in cassa integrazione e ne annunciano la chiusura.
Le motivazioni sono molteplici, in base alla fantasia e alla situazione economica e sociale del momento, ma tutte riassumibili (quasi sempre) in una sola parola: delocalizzazione.
Una situazione frutto delle tante scelleratezze collegate all'Unione europea che tutti riconoscono, ma che tutti si guardano bene dal correggere. E quando si trovano delle correzioni, queste sono limitate solo ai titoli e non ai contenuti che, ovviamente, fanno sì che tutto resti esattamente come prima.
Ne è la riprova l'emendamento burla in tema di delocalizzazioni incluso nella legge di bilancio in approvazione in questi giorni. Così lo riassume Fisco e Tasse.
1) Delocalizzazioni l'obbligo di comunicazione a sindacati regioni ministero
L'art . 77-bis. (Disposizioni in materia di cessazione dell'attività produttiva) viene inserito per garantire la salvaguardia dell'occupazione e de tessuto produttivo e richiede che:
- il datore di lavoro con almeno 250 dipendenti in media nell'anno precedente
- che intenda procedere alla chiusura di una sede, stabilimento, filiale, o reparto situati nel territorio nazionale,
- con cessazione definitiva della attività e licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50,
è tenuto a dare comunicazione per iscritto almeno 90 giorni prima :
- alle regioni
- alle rappresentanze sindacali aziendali o nonché alle sedi territoriali delle associazioni sindacali di categori alle regioni interessate
- al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello sviluppo economico
- all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL).
La comunicazione può essere effettuata per il tramite dell'associazione dei datori di lavoro alla quale l'impresa aderisce o conferisce mandato.
Sono escluse le aziende che si trovino in condizioni di squilibrio che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza e che possono accedere alla procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa di cui al decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118.
2) Delocalizzazioni: piano obbligatorio per le ricadute della cessazione produttiva
Entro sessanta giorni dalla comunicazione il datore di lavoro deve elaborare un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura e lo presenta agli stessi soggetti.
Il piano non può avere una durata superiore a dodici mesi e deve indicare:
- le azioni programmate per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la miiminzzazione delle conseguenze come il ricorso ad ammortizzatori sociali, la ricollocazione presso altro datore di lavoro e le misure di incentivo all'esodo;
- le azioni finalizzate alla rioccupazione o all'autoimpiego, quali formazione e riqualificazione professionale anche ricorrendo ai fondi interprofessionali;
- le prospettive di cessione dell'azienda o di rami d'azienda con finalità di continuazione dell'attività, anche mediante cessione dell'azienda, o di suoi rami, ai lavoratori o a cooperative da essi costituite;
- gli eventuali progetti di riconversione del sito produttivo, eventualmente anche per finalità socio-culturali a favore del territorio interessato;
- i tempi e le modalità di attuazione delle azioni.
In caso di accordo sindacale, si procede alla sottoscrizione del piano, a seguito del quale il datore di lavoro assume l'impegno di realizzare le azioni in esso contenute.
I lavoratori interessati dal piano possono beneficiare del trattamento straordinario di integrazione salariale (articolo 22-ter del d.lgs. legislativo 14 settembre 2015, n. 148)-
Interessante sottolineare che qualora il datore di lavoro avvii, al termine del piano, la procedura di licenziamento collettivo di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, non trova applicazione il versamento del ticket licenziamento previsto dalla legge 92 2012 molticiplicato per tre volte.
La nuova norma prevede inoltre che I lavoratori interessati dal piano accedono al programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori GOL e sono comunicati all'ANPAL che li mette a disposizione delle regioni interessate.
Ancora la norma prevede che il datore di lavoro comunichi mensilmente ai soggetti sopracitati lo stato di attuazione del piano.
3) Sanzioni previste e risorse stanziate
L'INPS dovrà provvedere al monitoraggio del limite di spesa , che è pari a circa 900 milioni di euro nel decennio 2022 2031.
La verifica formale che nel piano presentato siano presenti tutti gli elementi richiesti è effettuata dalla struttura per la crisi d'impresa del MISE.
In mancanza di presentazione del piano o di un piano incompleto rispetto alle previsioni normative li datore di lavoro è tenuto a pagare il ticket licenziamento in misura pari al doppio.
La sanzione si applica anche qualora il datore di lavoro sia inadempiente rispetto agli impegni assunti, ai tempi e alle modalità di attuazione del piano, di cui sia esclusivamente responsabile.
Il datore di lavoro deve dare comunque evidenza della mancata presentazione del piano nella dichiarazione di carattere non finanziario di cui al decreto legislativo 30 dicembre 2016, n. 254. ( Si ricorda che tale dichiarazione è richiesta per ogni esercizio finanziario alle imprese che abbiano avuto, in media, durante l'esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a cinquecento e, alla data di chiusura del bilancio, abbiano superato almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali:
a) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro;
b) totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 di euro;
La Dichiarazione individuale di carattere non finanziario copre i temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, piu rilevanti , descrivendo almeno: a) il modello aziendale di gestione ed organizzazione delle attivita' dell'impresa b) le politiche praticate dall'impresa, comprese quelle di dovuta diligenza, i risultati conseguiti tramite di esse ed i relativi indicatori fondamentali di prestazione di carattere non finanziario; c) i principali rischi, generati o subiti, connessi ai suddetti temi e che derivano dalle attività dell'impresa).
4) Delocalizzazioni senza licenziamenti : le misure per gli immobili
Si prevede inoltre che per i casi di cessione dell'azienda o di un ramo di essa con continuazione dell'attività e mantenimento degli assetti occupazionali, al trasferimento di beni immobili strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni si applicano l'imposta di registro e le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna.
In caso di cessazione dell'attività o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici citati prima del decorso del termine di 5 anni dall'acquisto sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria.
Il segretario confederale della Cgil, Emilio Miceli, ha definito il provvedimento inefficace e deludente perché "ha mancato anche l'obiettivo minimo di sospendere le procedure in corso. Voglio dire che è sorprendente come l'emendamento non modifichi nulla di ciò che succede nelle vertenze aziendali aperte. Il quadro delle sanzioni previste non è tale da scoraggiare una impresa di medie dimensioni che scelga di delocalizzare. C'è un equivoco di fondo. Prima di tutto è stato sbagliato il metodo. È mai possibile che non si senta il sindacato in sede formale quando si affrontano temi che sono direttamente riconducibili alle vertenze aziendali? Davvero la mediazione politica, almeno in questo caso, viene considerata esaustiva in un processo così delicato per migliaia di lavoratori? E questo succede subito dopo lo sciopero generale.Avevamo detto che sarebbe fondamentale che il dispositivo di legge sulle delocalizzazioni avesse previsto un intervento diretto sulle crisi in corso. Altrimenti non avrebbe avuto quei requisiti di vera urgenza di cui invece c'è assoluto bisogno. Milioni di lavoratori hanno chiesto una svolta nelle politiche industriali, ma il governo evidentemente ha preferito scegliere la via tecnocratica della autosufficienza. La legge sulle delocalizzazioni avrebbe potuto essere l'occasione per aprire un grande dibattito, ma evidentemente è stata un'altra occasione mancata".
Nel frattempo, secondo gli ultimi dati del ministero dello Sviluppo forniti direttamente dal ministro Giorgetti, sono 69 le crisi aziendali per le quali si cerca una soluzione, molte di queste legate al problema delle delocalizzazioni, con migliaia, molte migliaia di lavoratori e famiglie che rischiano di rimanere senza un salario.
E quando si trovano delle soluzioni sono spesso delle farse, come quella della Gkn di Campi Bisenzio dove l'advisor nominato dall'azienda per trovare un compratore che potesse garantire la continuità occupazionale del sito ne è diventato proprietario in modo da liberare il cliente da qualsiasi vincolo, pagare gli operai con i soldi dello Stato, cosicché tra qualche mese, finita la cassa integrazione, potrà dire che quello stabilimento e i suoi operai non li vuole nessuno.
E fanno credere alla gente che questo sia il governo dei migliori.