L’intervista che segue è stata realizzata dai ragazzi del Liceo “Roiti” di Ferrara al criminologo Vincenzo Musacchio in occasione dell’evento conclusivo del progetto sulla cultura della legalità il 28 maggio del 2022.
Professor Musacchio ci racconta com’è nata la sua passione per questa sua meritoria attività nelle scuole?
È nata per puro caso quando venni in contatto con Giovanni Falcone. Era il 1991 e decisi di scrivergli, quasi per rimproverarlo, dopo la sua decisione di lasciare la Procura di Palermo per andare a Roma a dirigere la Direzione generale degli affari penali al Ministero di Grazia e Giustizia. Naturalmente non mi sarei mai aspettato un suo riscontro, poiché quel frangente temporale non era tra i più sereni della sua vita. La sua risposta, invece, arrivò. Non dimenticherò mai la mattina in cui trovai sotto il portone di casa una busta bianca con l'intestazione della Procura della Repubblica di Palermo. La aprii e ricordo ancora l’odore della lettera impregnata di un misto tra un profumo o un dopobarba e il fumo di sigaretta. Lessi la sua firma, il suo contenuto ancora oggi mi accompagna in molte scelte professionali e di vita. Le mie origini sono umili, ma con forti radici di onestà e principi sani propri di una famiglia di contadini. Questo tipo di educazione probabilmente mi ha portato a fare qualcosa di utile per gli altri. Poi ho conosciuto e frequentato anche Antonino Caponnetto e con lui ho intrapreso un percorso nelle scuole per tenere in vita nella memoria di tanti studenti le innumerevoli vittime di mafia.
A che età ha sentito per la prima volta la parola “mafia”?
Tardi, molto tardi. Per la mia generazione la mafia non esisteva e di conseguenza non se ne parlava mai. Ne ho conosciuta l’esistenza quando fu ucciso il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, quindi, davvero molto tardi per la mia età.
Che cosa possiamo fare noi studenti contro la mafia?
Come dico sempre e ho detto anche oggi a voi: studiare. La scuola, la cultura, lo studio sono un valore irrinunciabile per l’essere umano e la sua crescita consapevole. Lo Stato deve investire nella scuola prendersi carico degli studenti affinché siano anche bravi cittadini. Ci vorrebbe una volontà politica a investire in istruzione, in cultura e in politiche sociali. La vostra crescita e il vostro sviluppo dipendono dalla famiglia e dalla scuola. Istituzioni entrambe in crisi in questo particolare momento storico.
C’è un evento in particolare che l’ha colpito in questi trent’anni in giro nelle scuole italiane?
È accaduto a un incontro che ho tenuto il 6 novembre 2021 all’Istituto Industriale “E. Majorana” di Termoli. Uno dei momenti più belli e intensi dei miei trent’anni in giro nelle scuole d’Italia. Parlando di mafie e mafiosità dopo che era stato proiettato un cortometraggio dal titolo, “Una vita per la legalità” a cura di alcuni ex detenuti del Carcere minorile Malaspina di Palermo ho parlato della storia di Rita Atria, di don Peppe Diana, di don Pino Puglisi, di Rosario Livatino e infine mi sono soffermato più a lungo sull’amore profondo tra Giovanni Falcone e Francesca Morvillo creando un insolito parallelo con la storia di Paolo e Francesca narrata nell’Inferno di Dante. Mentre parlavo dell’amore tra i due magistrati, ho visto due ragazze e un ragazzo piangere. Si sono commossi per la loro storia, il loro amore e il loro coraggio. Oggi è accaduta la stessa cosa a una vostra amica, Francesca, che si è commossa quando abbiamo parlato del coraggio delle tantissime vittime di mafia. Mi dico e vi dico che c’è ancora speranza di un mondo migliore ed io ne nutro tanta nei vostri confronti.
Se tornasse indietro, rifarebbe tutto ciò che ha fatto fino ad ora?
Assolutamente sì. Ho vissuto momenti esaltanti. Ho conosciuto tantissime persone che mi hanno arricchito moralmente e spiritualmente. Ripeterei tutto senza cambiare nulla, sicuramente lo rifarei forse con ancora maggior entusiasmo.
Che cosa le dà la forza per andare avanti in un’opera così impegnativa?
Non è una forza, per me è un dovere morale che scaturisce dal provare a fare qualcosa di utile per l’altro. L’ho promesso ad Antonino Caponnetto e finché il fisico e la mente non mi abbandoneranno continuerò quel progetto che con lui iniziai.
Ha mai avuto paura?
No, mai. Io sono un teorico e uno studioso e anche se ho ricevuto qualche minaccia di morte, ho continuato forte della convinzione che come diceva il Generale Dalla Chiesa: “Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli.
Riusciremo a sconfiggere le mafie?
Ci riusciremo se lo vorremo veramente e tutti insieme. Lo Stato e la mafia - diceva giustamente Paolo Borsellino - sono due poteri che occupano lo stesso territorio. O si fanno la guerra, o si mettono d’accordo. Finché politici, imprenditori e cittadini faranno affari con loro, la guerra non sarà mai vinta. Sconfiggeremo le mafie quando ci sarà la volontà politica di farlo.
Ci ha detto che ha una figlia di dodici anni, pensa che sia fiera di lei?
Dovremmo chiederlo a lei. Penso di sì, anche se spesso per essere con voi ho dovuto inevitabilmente trascurare la mia famiglia, i miei affetti, i miei amici. Chi mi conosce bene però sa che questo mio sacrificio ha uno scopo che spesso è da loro condiviso.
Professore lei ha un modello di riferimento?
Ne ho tre. Sono i miei genitori e una zia paterna. I miei genitori sono stati un modello di rettitudine e di onestà ineguagliabili. Mia zia è stata una guida senza la quale sicuramente non mi sarei mai laureato. È stata uno stimolo a fare sempre di più e meglio. Mi hanno insegnato, ognuno a modo suo, il valore del rispetto, della solidarietà e quello della dignità. Mio padre da buon lavoratore della terra mi ripeteva continuamente un detto napoletano: “Fai il bene e dimenticati, fai il male e pensaci”. Io l’ho sempre interpretato che chi fa il bene può camminare con la schiena dritta perché ha la coscienza a posto. Nella mia vita ho cercato di mantenere sempre la schiena dritta cercando di essere moralmente integro, onesto, coscienzioso, riflessivo, ma soprattutto coerente e fermo nelle mie idee. Non so se ci sono riuscito, ma so di averci provato sempre con tutte le mie forze.
Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80. È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative a livello europeo.