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Il buon Beppino, sempre ricorrendo a nomignoli , inventati, o di personaggi che emulava per le azioni finalizzate alla causa, gironzolò tra la Francia, il Mar Nero e la Tunisia (ricettacolo di fuggitivi ricercati), aderì alla Giovine Europa, sorella matura della Giovine Italia mazziniana; infine, nel 1935,  riparò in Sud America, dove i fermenti indipendentisti rappresentavano un ghiotto nutrimento alle sue idee e ispirazione per le azioni future. Da un'altra angolazione, si potrebbe insinuare che facesse il gioco dei neonati Stati Uniti, che miravano a cacciare Spagna e Portogallo e scorrazzare indisturbati per le fertili terre del Sudamerica, ricche pure di materie prime, con l'alibi della "dottrina Monroe"( secondo cui gli USA, neofondati, non dovevano interferire con le politiche di altri stati, ma, aggiungiamo noi, solo esercitarvi un'influenza economico politica).

Naturalmente egli  lottò con i separatisti contro l'esercito imperiale brasiliano e in Uruguay contro gli argentini, inaugurando la tenuta delle camicie rosse e trovando qui anche il tempo di impalmare, dopo un reciproco colpo di fulmine, Ana Maria de Jesus Ribeiro, detta Anita. 

La devota moglie gli diede quattro figli, di cui sopravvissero i tre maschi, condividendo con lui una vita avventurosa e tribolata, trascorsa quasi tutta a cavalcare per quegli immensi territori; finché, dopo la decisione di tornare in Italia, lui spedì tutti  a Nizza dalla propria famiglia e si tenne libero per gli ultimi affondi in patria. Si presentò al re di allora. Carlo Alberto, spaventato all'idea di incontrare un sovversivo, non lo ricevette; ma il giovanotto era pieno di zelo e buona volontà e diede una mano ugualmente, in giro, a supportare la prima guerra di indipendenza prima; poi, quando le cose sembravano mettersi male,a  difendere la repubblica a Roma, per cacciare l'ultimo "papa - re" fintosi liberale, Pio IX,  mentre i franco napoletani uniti ce lo volevano ancora tenere.

In quel momento l'irredentismo, il risorgimento, parevano illusioni destinate a tornare nel mondo dei sogni, la reazione aveva la meglio. L'Italia  che stava per venire alla luce forse era destinata a non vederli, stretta nella morsa di austriaci , francesi, borbone partenopei e Stato della Chiesa. Il 1948 segnò la prima fase della strada per l'unità , ancora fumosa e incerta.

Peppino fuggì con Anita verso Venezia che, (allora come oggi), sembrava tenere  botta contro le pressioni mitteleuropee, ma la faccenda fu così dura che rimase conosciuta come "la trafila" , durante la quale, era il 1849, Anita morì, incinta,  nelle paludi di Comacchio; il suo compagno dovette abbandonarvela per salvarsi. 

Giuseppe, sconvolto per aver dovuto abbandonare le spoglie dell'amata,  non ebbe pace; peregrinò, indesiderato, tra Granducato di Toscana, Liguria, Tunisia, la Maddalena e Gibilterra, anticipando l'itinerario delle moderne crociere, fino a trovare momentaneo asilo a Tangeri ( bontà dell'ambasciatore piemontese), dove però non restò a lungo; pochi mesi e s'imbarcò per New York ( lavorò alla fabbrica di candele di Antonio Meucci) e poi di nuovo verso  il Sudamerica (Perù), dove trovò lavoro come capitano di lungo corso, l'attività che forse avrebbe dovuto seguire dall'inizio, se non avesse scelto  l'eterno arrembaggio.

 Cinquantenne, con qualche soldo in tasca e di nuovo inquieto, mise su una fattoria nella amata Sardegna, avendo in precedenza apprezzato il soggiorno a Caprera. Sembrava aver trovato pace, novello Cincinnato, come agricoltore e allevatore. Ma non poteva durare.

Il fascinoso capitano di se stesso cedette alle lusinghe di una nuova sfida e spopolò dal nord  verso l'Italia centrale, sfondando lo Stato della Chiesa nelle Marche; gli ordini del re (Vittorio Emanuele Terzo) però erano stati diversi e questa tracimazione gli costò un altro siluramento.

Il tira e molla non era finito e pensarono a lui per il sud. Eccoci al 1860, ai Mille, alla partenza da Genova Quarto. Nell'onda dell'entusiasmo, sbarcato con successo conducendo per il mare il "Piemonte" e il "Lombardo", carichi dei suoi prodi,  proclamò se stesso  capo assoluto della Sicilia e Vittorio Emanuele re d'Italia. Trovò l'appoggio sornione di nobili annoiati e picciotti esaltati . Travolse l'esercito borbonico, arruolò carcerati che aveva liberato e, a furia di patti e promesse, con l'aiuto di Bixio e qualche esecuzione sommaria di recalcitranti, da Palermo risalì a Napoli (ferito alla famosa gamba in Calabria,  dall'esercito regolare). Le camicie rosse lo tallonavano prendendo possesso del sud e annientando "Franceschiello" II nella battaglia del Volturno.

Seguirono un riposo a Capua (ozi di Capua seconda parte, dopo 2000 anni), in attesa di rinforzi: i garibaldini erano esausti. Arrivò il re, a Teano i cavalli si incontrarono e Garibaldi consegnò il nuovo pezzo d'Italia al sovrano (tale per merito suo) senza nulla chiedere in cambio (che tanto non gli sarebbe stato dato, benché formalmente offerto).

Restava da conquistare Roma, vero obiettivo del monarca,  ma Garibaldi non vi riuscì; i francesi facevano quadrato attorno al pontefice (sempre laici per sé, ma pronti a sostenere gli ayatollah del resto del mondo) e il Savoia dovette organizzarsi per conto suo. Ma questa, come si dice , è un'altra storia. Come altra ancora è quella della proposta che gli arrivò dalla nascente Federazione USA,   di combattere nella guerra di secessione; l'eroe lasciò cadere, in mancanza di assicurazioni sull'abolizione della schiavitù e perché interessato alle vicende italiane, che non poteva perdere di vista: così Lincoln si perse un  condottiero e noi la possibilità di diventare il cinquantaduesimo stato americano.

 Seguì la terza guerra d'indipendenza, cui il nostro non si sottrasse; la direzione era il nord est italiano; sul più bello Garibaldi fu fermato e dovette pronunziare lo storico "obbedisco". Seguì un suo impegno nel parlamento francese, che però lo allontanò perché troppo radicale , poi l'impegno anticlericale, l'interesse per il socialismo, la battaglia per il diritto di voto.

Assistito dalla seconda compagna e altri figlioli nati dall'unione, morì  a Caprera nel 1882, praticamente autoesiliato e in ogni caso indesiderato altrove.

Continua...