Dalla Ong Mediterranea hanno reso noto ciò che lunedì ha deciso la Procura di Agrigento in merito al sequestro preventivo, su input del Viminale, effettuato nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza nei confronti della nave Mare Jonio nel tentativo di impedirle di ritornare in mare.

La Procura ha scelto la strada del sequestro probatorio, come strumento di diritto per l'accertamento dei fatti tramite un'indagine che verifichi se sia stato commesso o meno "un reato". Ed in seguito a ciò, nel registro degli indagati sono stati iscritti solo il comandante e il Capo missione, e non l’intero equipaggio come pretendeva il Viminale.

In pratica, è la stessa procedura che si è vista nel marzo scorso, cui ha fatto seguito il dissequestro della nave.

Questa la dichiarazione dell'armatore della Mare Jonio Alessandro Metz:

"Come sempre noi siamo pronti a fornire ogni elemento utile per accertare la verità, certi di avere sempre rispettato il diritto e i diritti, oltre che la dignità della vita umana, al contrario di chi, da posizioni istituzionali, si rende complice della morte in mare o della cattura e della deportazione di donne uomini e bambini verso i lager di un paese in guerra come la Libia".


Inoltre, per comprendere l'assenza di morale, di etica e di umanità (per non parlare della minima conoscenza del diritto) da parte di quel tale che ricopre l'incarico di ministro dell'Interno nell'attuale Governo (del cambiamento verso il fascismo), da sottolineare il post del senatore Gregorio De Falco, riportato di seguito, che riprende le parole dell'Ammiraglio Vittorio Alessandro:

Non si scrivono progetti di legge quando si è molto arrabbiati perché gli immigrati clandestini sono meno di un quinto di quanto si era denunciato; perché non è vero che dalla Libia non parte più nessuno; perché il soccorso in mare delle milizie libiche non è credibile; perché tanta gente muore in mare; per la lezione impartita dalla Marina Militare su come ci si deve comportare; per la dimostrata inconsistenza giuridica e pratica di ben due direttive del Viminale in materia (per parlare solo di questo, ma la rabbia è per tante cose).Stando allo schema diffuso dalla stampa, la scrittura frettolosa del decreto “sicurezza bis” tradisce appunto il rancore e l’insipienza.Articolo 1: È sanzionato “chi, nello svolgimento di operazioni di soccorso in acque internazionali, non rispetta gli obblighi previsti dalle Convenzioni internazionali, con particolare riferimento alle istruzioni operative delle autorità SAR competenti o di quelle dello Stato di bandiera”. Ma le norme marittime sanzionano già chi non ottempera agli ordini dell’autorità marittima, ancor più se dalla disobbedienza derivano danni alle persone o alla nave.

Articolo 2: Si modifica l’art. 83 del Codice della Navigazione, conferendo al ministro dell’Interno, piuttosto che a quello delle Infrastrutture e dei Trasporti, la competenza di imporre il divieto di transito e di sosta nel mare territoriale, “qualora sussistano ragioni di ordine e sicurezza pubblica”. Ma quando si realizza quella condizione? In ragione della rotta della nave, della provenienza delle persone, del colore della loro pelle? E chi decide che ricorrano le circostanze? Molta carne al fuoco per la Corte Costituzionale.Per non dire che, quando le forze di polizia vengono a conoscenza di persone pericolose a bordo di una nave e di reati commessi in alto mare, già adesso esercitano tutti i poteri necessari, e lo hanno sempre fatto in coordinamento con la Capitaneria di Porto.

Il Viminale ha scritto, dunque, norme rabbiose, pericolose per la loro avventatezza e per il terrorismo psicologico che ispirano. Succede quando vorresti dire: “Niente neri in casa nostra”, e sei costretto a tradurre: “Non voglio terroristi”.
Inutile aggiungere altro...