Il modo di far politica di certi partiti è in fondo molto semplice e si può sintetizzare nell'indicare pagliuzze e travi negli occhi degli avversari, ignorando allo stesso tempo le innumerevoli palizzate in quelli dei propri iscritti.

La dichiarazione dell'avvocata e senatrice leghista Giulia Bongiorno, riassunta nell'immagine in alto,  ne è un perfetto esempio.

Per pubblicizzare il referendum sulla Giustizia promosso dalla Lega, la Bongiorno ricorda come per il buon funzionamento della magistratura sia necessario che tra chi indaga e chi giudica vi sia una netta separazione delle carriere. 

Probabilmente, in questo caso, l'avvocata Bongiorno ha ragione da vendere, ma è altresì curioso e imbarazzante che una come lei denunci un conflitto d'interesse, riassunto con l'immagine di un arbitro che non può essere imparziale se indossa la maglia dell'altra squadra, quando tuttora lei stessa è un perfetto esempio di un grave e continuato conflitto d'interesse.

Infatti, come altri suoi colleghi, la Bongiorno, da parlamentare, in Senato presenta e votare leggi, mentre da avvocata, nelle aule dei tribunali, continua ad esercitare la sua professione per difendere clienti che, in teoria, potrebbero beneficiare dei provvedimenti che lei ha  contribuito ad approvare in Parlamento.

Ma di questo problema, però, l'avvocata Bongiorno non ne parla e neppure la Lega. E secondo entrambi il conflitto d'interesse appena descritto sarebbe meno grave di quello della separazione delle carriere dei magistrati? No, ma è sicuramente più utile per consentire alla Lega, così come agli altri partiti, di poter continuare ad essere un po' più uguali rispetto agli italiani che pretendono di rappresentare. 

È così complicato pretendere un minimo di coerenza ai "tribuni" del popolo? In Italia non solo è complicato, ma sembra addirittura impossibile.