Mentire è la sua seconda natura, secondo Tony Schwartz, che Trump lo conosce piuttosto bene essendo stato uno dei ghostwriter di "The Art of the Deal" (Trump. L'Arte di Fare Affari, Sperling & Kupfer) ed avendo vissuto al suo fianco, in questa qualità, per 18 mesi.

Il libro, scritto nel 1987 e rimasto per ben 48 settimane nella classifica dei best seller, racchiude la filosofia di vita, se così possiamo definirla, di Donald Trump, quella che ha caratterizzato e caratterizzerà la campagna elettorale e, se, tutto andrà come non dovrebbe andare, anche la presidenza.


Un bugiardo patologico

E' la filosofia di un bugiardo patologico, sempre citando Schwartz, capace di costruirsi un mondo totalmente fittizio, della cui realtà riesce facilmente a convincersi e dove quello che dice lui è sempre vero e, se non lo è, dovrebbe esserlo.

Un uomo che ha la faccia tosta di smentire quello che ha affermato un attimo prima e pronto ad accusare i suoi critici di essere dei bugiardi. Per noi italiani non è una novità.

Del resto la sua carriera politica è iniziata con una menzogna: l'accusa a Obama di non essere nato negli Stati Uniti e di essere, pertanto, ineleggibile. Una falsità di cui la maggior parte dei conservatori americani è ancora convinta.

Anche durante la campagna elettorale per le primarie, il bersaglio principale è stato l'attuale presidente, accusato di aver reso le città meno sicure, di aver aumentato la disoccupazione e di aver ridotto i salari. E' vero il contrario.

Un mondo fantastico quello del miliardario di Manhattan, ma che ben rispecchia l'idea che dell'America ha la destra conservatrice, soprattutto quella del Midwest e del fondamentalismo religioso. Al punto che anche molti dei suoi sostenitori hanno deciso di farne parte.


Le falsità dal palco della convention

Ne abbiamo avuto una dimostrazione alla convention di Cleveland, quando sono saliti sul palco due ex-marine in servizio a Bengasi, durante l'attacco terroristico del 2012 e hanno accusato l'allora segretario di Stato Hillary Clinton di essere personalmente responsabile dei morti che vi furono. Una versione dei fatti già ampiamente smentita, ma per i presenti alla Quicken Loans Arena ormai la Clinton è un'assassina.

A salire sul palco stata anche Kerry Woolard, che ha elogiato le qualità di uomo d'affari che Donald Trump ha dimostrato di avere acquistando nel 2011 la Trump Winery, un'azienda produttrice di vini, e riuscendo in soli cinque anni ad incrementarne il fatturato del cento per cento, facendola diventare la più grossa azienda vinicola della costa occidentale degli Stati Uniti.

Peccato che la Trump Winery non detenga questo primato e che non appartenga nemmeno a Donald ma a Eric Trump e che questi non abbia nessun legame né di parentela né d'affari con il candidato alla presidenza, come tiene a precisare sul sito dell'azienda in fondo a questa pagina.


Il plagio di Melania

Stendiamo un velo pietoso anche sul plagio di cui si è resa colpevole la consorte del grand'uomo, Melania, durante il suo intervento alla convention repubblicana, riprendendo brani del discorso pronunciato da Michelle Obama a quella democratica del 2008.

La cerchia di Trump ha spiegato il fatto sostenendo che si tratta di termini molto comuni, che tutti utilizzano quotidianamente. Certo che causalmente siano stati utilizzati uno accanto all'altro, nella stessa esatta sequenza e nel medesimo contesto, sembra estremamente improbabile, data anche la lunghezza delle frasi incriminate.

Ma nel fantastico mondo di Trump le cose vengono viste in modo diverso. A spiegarlo è stato Ben Carson, già rivale di Trump nelle primarie, spiegando che, in realtà, quello che viene erroneamente definito un plagio non fa che dimostrare come democratici e repubblicani abbiano in fondo le stesse idee e questo per l'America è una cosa meravigliosa.


Le rivelazioni del ghostwriter

Proprio in occasione della convention e dell'annunciata nomination, il ghostwriter del capolavoro letterario di Trump "The Art of the Deal", si è voluto togliere qualche sassolino dalle scarpe, rilasciando un'intervista alla rivista The NewYorker.

Tony Schwartz (sopra nella foto) rimpiange ancor di avere contribuito in maniera decisiva, con quel suo lavoro di 30 anni fa, cui fu costretto da impellenti necessità finanziarie, alla creazione del mito di Donald Trump.

E' come aver messo "il rossetto al maiale", ha detto letteralmente Schwartz, con un'espressione che noi tradurremmo forse con "mettere il solino al maiale", sempre per coinvolgere il simpatico animale, intendendo di aver dato un'immagine di Trump che non corrisponde assolutamente alla realtà.

Nelle parole di Schwartz, si tratta di un uomo che vuole ossessivamente essere sempre al centro dell'attenzione, tanto che se si dovesse riscrivere un libro su di lui andrebbe intitolato "Il Sociopatico".

Fosche le previsioni di Schwartz per il futuro: una vittoria alle elezioni di novembre e il controllo delle armi nucleari nelle mani di Trump potrebbe davvero significare la fine della civiltà.

Trump, intervistato a proposito delle parole del suo ex-collaboratore, ha sostenuto di aver scritto lui il libro e che Schwartz ne sarebbe stato solo il co-autore. A smentirlo, un rappresentante della casa editrice che lo ha pubblicato, la Random-House, che ha tenuto a precisare che per loro Trump non ha mai scritto nemmeno una cartolina.

Quando si dice la coerenza.