Mentre il mese del Ramadan volge al termine, i mediatori internazionali intensificano gli sforzi per negoziare una tregua temporanea a Gaza, nelle trattative in corso a Doha e al Cairo. Fonti egiziane segnalano un cauto ottimismo sulla possibilità di progressi nelle prossime ore, in particolare in vista dell'Id al-Fitr, periodo considerato cruciale per ottenere una pausa umanitaria che apra la strada a un accordo più ampio.  

Secondo l'emittente saudita Al-Sharq TV, le delegazioni egiziane e qatariote stanno promuovendo un cessate il fuoco temporaneo della durata di 50 giorni. Al centro della proposta vi è il rilascio di cinque prigionieri israeliani in cambio di un numero non specificato di detenuti palestinesi, unito a misure urgenti per garantire l'ingresso di cibo, medicine e aiuti essenziali a Gaza. Il piano mira a soddisfare sia le necessità umanitarie immediate sia a favorire una de-escalation a lungo termine.  

Il quotidiano libanese Al-Akhbar, citando fonti egiziane, ha indicato la posizione di Israele come il maggiore impedimento al progresso dei negoziati. Tel Aviv avrebbe imposto "condizioni irrealistiche", tra cui restrizioni sui meccanismi di distribuzione degli aiuti e ritardi nei protocolli per il rilascio dei prigionieri. I mediatori egiziani accusano Israele di minare gli sforzi per attuare una tregua umanitaria, nonostante le crescenti pressioni internazionali.  

Sebbene Hamas non abbia ancora rilasciato una risposta ufficiale, indiscrezioni suggeriscono che il gruppo sia propenso ad accettare la proposta mediata dall'Egitto. Elemento chiave è il rilascio del prigioniero israelo-americano Idan Alexander, richiesta avanzata dagli Stati Uniti. In ogni caso, Hamas chiede garanzie vincolanti affinché una seconda fase dei negoziati porti a un cessate il fuoco permanente, scenario che l'Egitto ritiene irrealizzabile senza una pressione americana più incisiva su Israele.  

Il Cairo sta collaborando con Qatar e Stati Uniti per avanzare "proposte realistiche" sostenute da Washington e Doha. I mediatori egiziani sottolineano la necessità di garanzie internazionali vincolanti per assicurare il rispetto di Israele verso qualsiasi cessate il fuoco, incluso un ritiro militare completo e l'accesso senza ostacoli agli aiuti.

Fonti segnalano anche un recente mutamento nell'approccio statunitense, descrivendo l'amministrazione USA come "più aperta" a esercitare la sua influenza, sebbene una pressione tangibile resti assente.  

Secondo quanto riportato dalla tv pubblica israeliana, Hamas avrebbe espresso la volontà di trasferire la gestione della Striscia di Gaza a un "Comitato di sostegno alla comunità", un organismo palestinese incaricato di supervisionare gli affari interni e la ricostruzione del territorio. La dichiarazione, rilasciata da Suhail al-Hindi, membro dell'Ufficio politico di Hamas, segnala un potenziale punto di svolta nel contesto del conflitto e delle trattative per il cessate il fuoco.  

Al-Hindi ha sottolineato che Hamas ha informato i mediatori internazionali, in particolare l'Egitto, della decisione di cedere il controllo amministrativo a un comitato composto da rappresentanti locali. "Abbiamo comunicato questa scelta con chiarezza e, nei recenti colloqui sul cessate il fuoco, è prevalso uno spirito positivo", ha affermato. L'obiettivo, secondo il dirigente, non è mantenere il potere, ma "fermare lo spargimento di sangue, ricostruire Gaza e garantire sicurezza ai cittadini palestinesi nella loro patria".  

Al-Hindi ha precisato che il gruppo è "pronto al 100%" a sostenere la transizione, purché il comitato sia interamente palestinese: "Governare Gaza non è il nostro fine ultimo. Ciò che conta è che chi amministra sia un figlio della Palestina, scelto dal popolo", ha dichiarato. Sul tema della sicurezza, ha aggiunto che il comitato avrà piena libertà d'azione, supportato da "un numero elevato di quadri locali competenti". Hamas non si opporrà all'ingresso di nuove figure, purché l'autorità resti palestinese.  

Una parte cruciale del discorso di al-Hindi è stata la ferma opposizione a qualsiasi tentativo israeliano di controllare Gaza: "L'idea che l'occupazione possa governarci dai carri armati è già stata smentita dalla storia. Il popolo palestinese accetta solo un governo scelto liberamente", ha dichiarato, ribadendo che la sovranità sulla Striscia deve emergere dalla "volontà dei palestinesi, non dalle imposizioni esterne".  


Intanto, i delinquenti in divisa dello Stato ebraico che con soddisfazione servono i piani genocidari degli altri delinquenti al governo di Israele, continuano a compiere i loro misfatti. L'ultimo è quello di distruggere le cucine di beneficenza che offrono pasti gratuiti alla popolazione.
 
Si contano a  decine le cucine comunitarie bombardate così come i centri di distribuzione degli aiuti, a supporto della scelta di voler affamare la popolazione per poi "offrirgli" la possibilità di rifugiarsi da un'altra parte. Secondo Axios il Mossad da settimane sta cercando di convincere alcuni Stati ad accogliere rifugiati palestinesi.

L'ufficio stampa di Gaza ha affermato che l'esercito israeliano ha preso di mira direttamente 26 cucine di beneficenza e 37 centri di distribuzione degli aiuti in tutta Gaza.

"Queste cucine alimentari fornivano pasti ai civili sfollati e affamati", si legge in una nota. Gli attacchi riaffermano "al mondo che Israele persegue deliberatamente una politica di fame sistematica come strumento di guerra e genocidio contro oltre 2,3 milioni di palestinesi intrappolati e sotto assedio all'interno della Striscia".

Lo scorso 2 marzo Israele ha chiuso i valichi di frontiera di Gaza a tutti gli aiuti umanitari, aggravando la grave crisi umanitaria nell'enclave palestinese.