L’industria europea è a un crocevia decisivo. Il Green Deal, con il suo obiettivo di un’Europa a impatto climatico zero entro il 2050, rappresenta una visione ambiziosa per un futuro più verde. Tuttavia, come membro del Dipartimento Nazionale Imprese di Fratelli d’Italia, credo fermamente che questa transizione non debba penalizzare le nostre aziende, spina dorsale dell’economia italiana ed europea. La sfida è trovare un equilibrio che coniughi sostenibilità ambientale e competitività industriale, senza lasciare indietro nessuno.

Il Green Deal è un progetto nobile: ridurre le emissioni, promuovere energie rinnovabili e costruire un’economia circolare sono passi essenziali per il nostro pianeta. Ma la sua attuazione sta mostrando crepe preoccupanti. Le imprese italiane, in particolare le piccole e medie imprese (PMI) che rappresentano il 99% del nostro tessuto produttivo, si trovano schiacciate da costi energetici elevati, normative complesse e una dipendenza da materie prime extraeuropee. Ad esempio, settori come l’automotive e la siderurgia affrontano investimenti enormi per adeguarsi alle nuove tecnologie verdi, mentre competono con mercati globali che operano con regole meno stringenti.

Questa situazione rischia di compromettere la nostra competitività. Se un’azienda italiana deve spendere il doppio per energia e materiali rispetto a un concorrente asiatico o americano, come può reggere il confronto? La risposta non è abbandonare la sostenibilità, ma ripensare il modo in cui la perseguiamo.

Il governo, con il Ministero delle imprese in prima linea, propone un approccio pragmatico che metta al centro le imprese senza sacrificare l’ambiente.
Ecco i punti chiave per un rilancio dell’industria europea:  

Semplificazione normativa    
La burocrazia europea è un freno inaccettabile. Procedure lunghe e farraginose per ottenere autorizzazioni o finanziamenti soffocano l’innovazione. Serve un’Europa che snellisca i processi, garantendo standard ambientali elevati ma accessibili, soprattutto per le PMI.

Politica industriale strategica L’Europa deve tornare a investire nei suoi campioni industriali, promuovendo settori strategici come la microelettronica, l’idrogeno verde e l’intelligenza artificiale. L’Italia, con la sua tradizione manifatturiera, può essere leader in questo rilancio, ma servono incentivi concreti e un mercato interno più coeso.

Autonomia energetica e di materie prime  
La dipendenza da paesi terzi per energia e materiali critici, come litio e terre rare, è una vulnerabilità strategica. L’Europa deve diversificare le fonti energetiche, includendo il nucleare di nuova generazione, e sviluppare filiere locali per ridurre i rischi geopolitici. In Italia, ad esempio, possiamo puntare sul riciclo avanzato e sull’esplorazione di giacimenti nazionali.

Sono convinto che l’industria non sia solo una questione economica, ma una battaglia per il nostro futuro. Un’industria forte significa lavoro, innovazione e benessere per i cittadini. Per questo, chiediamo un Green Deal che non sia un dogma ideologico, ma uno strumento al servizio delle imprese e delle famiglie. Dobbiamo costruire un’Europa che protegga i suoi lavoratori e le sue aziende, senza cedere alla tentazione di normative punitive che favoriscono i competitor globali. L’Europa deve essere una casa solida, costruita con il contributo di tutti: governi, imprese e cittadini.

Il futuro dell’industria europea è una sfida collettiva. Il governo e Fratelli d’Italia si stanno impegnando a portare la voce delle imprese italiane nei tavoli europei, promuovendo un modello di sviluppo che non lasci indietro nessuno. Sostenibilità e competitività non sono nemici, ma alleati: sta a noi costruire un’Europa che li faccia crescere insieme, per un’Italia più forte in un continente più autonomo.