Questo martedì, a poche ore dalla presentazione dell'accordo di pace per il Medio Oriente ideato dall'amministrazione Trump, la Knesset avrebbe dovuto iniziare il dibattito sulla richiesta di immunità presentata da Netanyahu, con la quale il premier israeliano avrebbe cercato di sottrarsi alle tre diverse accuse in altrettante inchieste che lo vedono indagato per corruzione, frode e abusi.
A sorpresa, però, Netanyahu ha ritirato la richiesta fatta nelle scorse settimane, evidentemente dopo essersi arreso alla circostanza che non vi era possibilità alcuna di trovare in Parlamento una maggioranza in grado di votarla.
Il suo governo, va ricordato, non ha da tempo una maggioranza che lo sostenga e gli israeliani sono stati chiamati di nuovo a votare perché anche nelle ultime elezioni non si è riusciti a trovare una maggioranza in per la formazione di un nuovo governo..
Perché la decisione di Netanyahu è rilevante?
Perché poco dopo che ne è stata data notizia, il procuratore generale Avichai Mandelblit ha presentato al tribunale distrettuale di Gerusalemme, in un documento di 78 pagine, la richiesta di rinvio a giudizio per Netanyahu, primo atto formale per avviare un processo nei suoi confronti.
È la prima volta in Israele che un primo ministro in carica viene formalmente rinviato a giudizio.
Adesso toccherà al tribunale fissare una data per la prima udienza del processo a Netanyahu.
Naturalmente non è detto che questo inizi a breve, anzi... Comunque, in base alla legislazione dello Stato ebraico, va ricordato che, se anche venisse condannato, Netanyahu non sarebbe costretto a dimettersi dall'incarico di primo ministro fino a quando non arrivi la sentenza definitiva, decretata in appello. E questa potrebbe richiedere anni.
Pertanto, se Netanyahu non rinuncerà alle sue prerogative parlamentari, e non pare che ne abbia la benché minima intenzione, Israele potrebbe rischiare di avere un governo guidato da un premier sotto processo per reati di natura penale, oltretutto relativi ad attività legate alla carica ricoperta.