"Presidents and their administrations have been talking to North Korea for 25 years, agreements made and massive amounts of money paid... hasn't worked, agreements violated before the ink was dry, makings fools of U.S. negotiators. Sorry, but only one thing will work!"

Così riportava il testo dei due tweet con cui questo fine settimana Donald Trump ha riassunto i rapporti tra Usa e Corea del Nord, passati per qualche giorno in secondo piano in attesa del lancio del prossimo missile da parte di Pyongyang, dato per imminente da fonti stampa sudcoreane e dalla diplomazia russa. Trump non ha voluto farsi trovare impreparato.

Ma i missili, ormai, sembrano fare da contorno alla sua amministrazione, tanto che adesso vi è la possibilità che a far compagnia a quelli coreani ci siano anche i missili iraniani.

Trump ha minacciato nuove sanzioni a Teheran in risposta a posibili test missilistici dell'Iran, definendo il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (noto anche con l'espressione Guardiani della rivoluzione o, dal persiano, pasdaran) un gruppo terroristico. In realtà il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica si occupa principalmente della sicurezza interna, del controllo delle frontiere, delle attività di polizia e... della gestione dei missili.

Mohammad Ali Jafari, attuale comandante dei pasdaran, di rimando alle affermazioni Usa ha dichiarato che in caso di nuove sanzioni, qualsiasi futuro dialogo con gli Stati Uniti verrebbe interrotto, minanacciando gli americani di spostare le loro basi nell'area mediorientale al di fuori dei 2.000 km che corrispondono all'attuale raggio di azione dei missili in possesso di Teheran.

Inoltre, Jafari ha detto che se risultasse vero che gli Usa credono realmente che i Guardiani della rivoluzione siano da considerare un gruppo terroristico, allora l'Iran considererà gli Stati Uniti al pari dell'Isis. Da sottolineare che per gli sciiti iraniani i sunniti dello Stato Islamico, benché musulmani, sono da considerare come acerrimi nemici.

Tra l'altro, l'Isis è responsabile di un attentato, lo scorso 7 giugno, al Parlamento di Tehran e al mausoleo dell'Ayatollah Khomeini che ha causato la morte di 18 persone. In risposta a tale attentato, i pasdaran hanno lanciato un attacco missilistico contro le basi del califfato nero in Siria.

Alla base di questo nuovo problema - la diplomazia di Trump sembra fallire sia sul piano interno che su quello internazionale - è la decisoine degli Stati Uniti riguardo a come considerare il programma nucleare iraniano. La precedente amministrazione Obama era riuscita a trovare un accordo con Teheran che, in cambio, aveva ottenuto che venissero meno le sanzioni economiche imposte al Paese. Adesso, Trump vorrebbe rimettere tutto in discussione, con il risultato che, in cambio, gli iraniani minacciano di aumentare i propri investimenti del proprio programa missilistico a difesa del Paese.

Si prospetta, pertanto, un altro "successo" di Donald Trump, in appena nove mesi dall'inizio del suo mandato.