Sarà il Senato ad inaugurare la XVIII legislatura. Entrambe le camere si riuniranno venerdì 23 marzo, ma la riunione di Palazzo Madama inizierà con mezz'ora di anticipo, alle 10:30, rispetto a quella di Montecitorio.

Il programma è identico: costituzione dell'Ufficio provvisorio di Presidenza; costituzione della Giunta delle elezioni, anch'essa provvisoria, con la proclamazione di deputati e senatori; elezione del Presidente.

Ed è proprio l'elezione del Presidente di ognuna delle due Camere che ha occupato il dibattito politico dei giorni scorsi. Molti, infatti, ritengono che la scelta possa poi influenzare future alleanze di governo, ritenendo anche che mettere un candidato di una determinata forza politica alla guida di una Camera finisca per favorire le scelte politiche del partito di provenienza.

Rispetto a quanto accaduto finora, in genere, si può dire che in ogni caso l'abito finisca comunque per fare il monaco. Infatti, i regolamenti che vincolano l'attività di un presidente e la sua imparzialità gli consentono in realtà pochi spazi di manovra. A conferma, basterebbe ricordarsi dei numerosi malumori del PCI nei confronti di Nilde Jotti presidente della Camera.

Pertanto, le dichiarazioni di Di Maio di pretendere un candidato 5 Stelle alla guida della Camera perché questo assicurerebbe l'abolizione dei vitalizi, appaiono alquanto naïf. Piuttosto, più logiche e oneste quelle della Lega che dice che Camera e Senato vadano a 5 Stelle e centrodestra come riconoscimento a partiti e coalizioni che nelle elezioni del 4 marzo hanno conquistato più seggi.

Per quanto riguarda gli sconfitti, e in questo caso si può fare riferimento solo al Partito Democratico, la posizione è ondivaga. Con una guida temporanea e con una maggioranza di eletti che fa riferimento al segretario dimissionario Matteo Renzi, i principali esponenti del Pd rilasciano dichiarazioni spesso contraddittorie, con possibili diverse interpretazioni che lasciano trasparire più che una linea politica già decisa, come invece vorrebbero far credere promuovendo quella relativa all'opposizione ad ogni costo, una linea attendista in attesa delle scelte del presidente della Repubblica e soprattutto in attesa che, prima o poi, Mattarella possa richiamare le forze politiche ad un governo di unità nazionale.

In quel caso, il Pd risponderà prontamente alla chiamata... ovviamente per senso di responsabilità nei confronti del presidente Mattarella e del Paese. Ci mancherebbe! Forza Italia, naturalmente, farà altrettanto. Resterà da capire se la Lega accetterà o meno di mettere in scena questa ennesima commedia. Il nodo è tutto lì.

Come si scioglierà e se si scioglierà, cominceremo a comprenderlo nei prossimi giorni.