Ci hanno derubati. Non di un portafoglio, non di qualche spicciolo lasciato sul tavolo del bar. No, ci hanno sfilato sotto il naso qualcosa di molto più grande: la nostra vecchiaia dignitosa, la nostra serenità, la certezza di un meritato riposo dopo una vita di sacrifici. Si sono mangiati tutto, senza vergogna. Hanno sperperato soldi pubblici, si sono arricchiti con privilegi e vitalizi, e adesso non sanno come pagarci le pensioni. Ma attenzione: non è che non sanno come fare. Semplicemente, non vogliono. Perché la loro soluzione c’è: farci lavorare fino a 70 anni, sperando che schiattiamo prima di incassare quello che ci spetta.

Già, perché per i padroni della finanza e della politica, la pensione non è un diritto conquistato con decenni di sudore, turni massacranti e stipendi da fame. No, per loro è una concessione, una gentile elargizione che devono dosare con il contagocce. E allora ecco che ogni anno alzano l’età pensionabile, spingendola sempre più in là, con la scusa di un’aspettativa di vita che, guarda caso, cresce solo quando fa comodo a loro.

Ma non basta. Oltre al danno, la beffa. Perché nel frattempo non toccano minimamente i coefficienti di calcolo delle pensioni, lasciandoci con assegni miseri, insufficienti persino a pagare le bollette. Siamo condannati ad un futuro di miseria, dopo una vita passata a pagare contributi, tasse, balzelli. E mentre noi contiamo i centesimi, loro continuano a godersi i loro privilegi: pensioni d’oro dopo pochi anni di “onorato servizio” in parlamento, vitalizi indecenti, benefit di ogni genere.

Ci trattano come carne da macello. Ci sfruttano, ci spremono e poi ci gettano via. E se qualcuno osa protestare, ecco che spunta il solito ritornello: “Non ci sono soldi”. Certo, non ci sono mai quando si tratta di noi, ma magicamente si trovano per salvare le banche, per finanziare opere pubbliche inutili, per mantenere stipendi da nababbi a dirigenti incapaci. Non ci sono soldi, ma ci sono sempre per loro.

Dicono che dobbiamo lavorare di più perché non ci sono abbastanza giovani a pagare i contributi. E di chi è la colpa? Di chi ha precarizzato il lavoro, di chi ha spinto i giovani a fuggire all’estero, di chi ha reso impossibile mettere su famiglia e fare figli. Hanno distrutto il futuro e adesso si stupiscono se il sistema pensionistico è al collasso.

Ma noi non ci stiamo. Non accettiamo di essere trattati come schiavi. Non accettiamo di vivere e morire lavorando, senza mai godere di un attimo di riposo. La pensione non è un favore: è un diritto sacrosanto. E chi ce la nega, chi continua a rubarcela sotto il naso, non è altro che un ladro. Un ladro di vita.