Mussolini si presentò per la prima volta, alla Camera dei deputati, il 16 novembre e, giorni dopo, al Senato. Ma tenne due contegni e due linguaggi differenti.
La Camera gli era ostile: era quindi necessario intimidirla. Il Senato si mostrava favorevole: era necessario accarezzarlo. Il 'Duce' fece l'una e l'altra cosa con grande disinvoltura.
Alla Camera dei deputati, l'aspettativa era immensa. Le tribune erano in gran parte occupate dagli squadristi. I deputati erano, pressoché tutti, ai loro scanni. Essi speravano solamente nel rispetto della Costituzione. Attendevano agitati, con nel volto la stessa espressione di quegli amatori di cavalli che, avendo giocato tutto su un puro sangue molto quotato, lo vedono perdere sempre più terreno, ma sperano ancora nel miracolo.
L'onorevole Giolitti sedeva impassibile, come il senatore Papirio all'invasione dei Galli. Il viso sembrava avvolto da una maschera impenetrabile. Guardava in alto e, con le lunghe e ossute dita, tambureggiava leggermente sul banco. Ne risultava, nel silenzio solenne, una specie di marcia di accompagnamento funebre. Il vecchio ottantenne capiva che si stavano per celebrare i funerali del Parlamento italiano.
I tre ex presidente del Consiglio, Salandra, Bonomi e Facta, erano anch'essi ai loro posti: il primo nel settore della destra, gli altri due nel settore delle sinistre. Tutti e tre sembravano soddisfatti. Il banco dell'onorevole Nitti era vuoto. Il presidente della Camera, onorevole De Nicola, scambiava misurati sorrisi con le tribune.
Mussolini entrò nell'aula, alla testa dei membri del governo, con passo trionfale. Egli era, naturalmente, a piedi, ma, camminando, sembrava a cavallo. Da tutte le tribune e dai banchi della destra lo accolse un uragano di applausi. I fascisti si levarono in piedi e intonarono gli inni della guerra civile. Mussolini si irrigidì sull'attenti e, ripetutamente, salutò alla romana.
Cessati i saluti e i canti, sedette al centro dei banchi del governo. Ai suoi fianchi erano il generale Diaz e l'ammiraglio Thaon di Revel. Rappresentanti dell'Esercito e della Marina, essi erano garanzia d'ordine ed espressione non dubbia del favore monarchico. Mussolini additò alla Camera il generale e l'ammiraglio. A lungo si ripeterono gli applausi e i canti. Infine il presidente dette la parola al capo del governo. Gli applausi esplosero nuovamente con entusiasmo frenetico. Essi dovevano imporsi, sempre più clamorosi, ad ogni periodo, fino all'apoteosi anale.
«Mi onoro di comunicare alla Camera che S.M. il re, con decreto 31 ottobre scorso, ha accettato le dimissioni presentate dall'onorevole avvocato Luigi Facta...»
Tutti gli occhi si rivolsero all'onorevole Facta che fece un gesto di pudico ringraziamento. L'esordio era di un costituzionalismo ortodosso e sembrava volesse sottolineare alla Camera che tutto si era svolto nell'ambito delle leggi fondamentali dello Stato. I deputati l'apprezzarono molto.
«Signori, quello che io compio oggi è un atto di formale deferenza verso di voi e per il quale non chiedo nessun attestato di riconoscenza speciale.» Lunga pausa. «Sono state lese le prerogative del Parlamento?... Lascio ai melanconici zelatori del supercostituzionalismo il compito di dissertare più o meno lamentosamente su ciò.»
La destra e il centro accolsero favorevolmente questa battuta: risate prolungate da diversi banchi e dalle tribune. La duchessa d'Aosta, Elena di Francia, consorte del duca d'Aosta, rise a tal punto che dovette asciugarsi le lacrime con un fazzoletto di fine batista. Nelle tribune diplomatiche, abbozzarono sorrisi compiacenti i plenipotenziari del Portogallo e dell'Ungheria.
«Affermo che la rivoluzione ha i suoi diritti. Aggiungo, perché ognuno lo sappia, che io sono qui per difendere e potenziare al massimo la rivoluzione delle camicie nere.» La Camera dette visibili segni di agitazione e molti deputati, istintivamente, levarono gli occhi preoccupati verso le tribune colme di squadristi plaudenti. «Mi sono rifiutato di stravincere e potevo stravincere.»
Un certo senso di sollievo invase l'aula. Molti deputati consentivano con cenni della testa, come quando, per calmare un violento che impugni un'arma e si dichiari capace di uccidere, i minacciati, impotenti a disarmarlo, annuiscono e tentano calmarlo con espressioni di questo genere: 'Sì - certo - certamente - ma sicuro - indubbiamente - questo lo sappiamo - tu sei forte - tu lo puoi - nessuno lo mette in dubbio - ma non lo farai...' Mussolini diventò cupo e roteò gli occhi minacciosi. Gli occhi splendevano come fari accesi nella notte.
«Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento».
Il presidente abbassò lo sguardo. Il ghiaccio scese nell'aula. La visione dei granatieri di Bonaparte al 19 brumaio passò fulminea. La costernazione schiacciò i cuori degli indefessi amanti dell'ordine e della quiete pubblica e privata. Lunga pausa.
«Potevo, ma non l'ho voluto».
Un sollievo entrò nell'aula e si diffuse malinconico. Altri segni di consentimento sui banchi. Il 'Duce' si divertiva. Come un gatto che abbia fra le zampe un topo e, potendolo spacciare alla prima presa, lo tenga ora delicatamente, ora con forza, e lo abbandoni per dargli l'impressione di essere libero, e lo riprenda e ricominci ancora e lungamente s'inebri del suo gioco di morte, così il 'Duce' con la Camera. E aggiunse, subito dopo, con tutto un sarcasmo e un dire e non dire di promesse e di minacce per il futuro:«Almeno per questo momento».
La desolazione ripiombò nell'aula. «Ho costituito un governo di coalizione, non già con l'intento di avere una maggioranza parlamentare della quale posso oggi fare a meno...» La Camera era impacciata.
«Tributo un caldo omaggio al sovrano il quale si è rifiutato ai tentativi reazionari dell'ultima ora».
«Viva il re!» gridarono le tribune e, tranne l'estrema sinistra, tutta la Camera in piedi. Gli applausi durarono una decina di minuti. Lo stesso onorevole Facta batté le mani. La tribuna diplomatica non poté trattenere oltre il suo compiacimento. In fondo il re aveva avuto un bel coraggio.
«Le libertà statutarie non saranno vulnerate: la legge sarà fatta rispettare a qualunque costo... Lo Stato è forte e dimostrerà la sua forza contro tutti, anche contro l'eventuale illegalismo fascista».
Un'espressione di delusione apparì sulle facce protese degli squadristi accalcati nelle tribune. Ma, in compenso, l'effetto di queste parole nell'aula fu immenso. Lo stesso onorevole Giolitti, forse per la prima volta in vita sua, scompose il suo atteggiamento ieratico e ruppe in applausi.
Ora, la soddisfazione si irradiava persino nei settori dell'estrema sinistra. Il discorso toccava tutti i punti della vasta amministrazione dello Stato: politica economica, finanziaria e, soprattutto, politica estera. Ma la Camera non vi prestò attenzione. Era la politica interna che la interessava. 'Primum vivere'.
«Signori, io non voglio governare contro la Camera». Ma aggiungeva subito, per non creare equivoci: «Finché mi sarà possibile».
Il gatto riprendeva a trastullarsi col topo. A questo punto, il 'Duce' procedeva lentissimo, scandendo le sillabe, centellinando le frasi, per dare ai deputati tutto il tempo di elevarsi alle più eccelse vette della speranza e di ricadere nei profondi abissi della disperazione. Fu un miracolo se nessuno fu colto da sincope.
«Ma la Camera deve sentire la sua posizione particolare che rende possibile lo scioglimento fra due giorni o fra due anni».
La parola era detta. Era la proposta del commercio. La Camera capì a volo, e la capitolazione, per una corrente magnetica, fu decisa in quel momento.
«Chiedo i pieni poteri». La dittatura.
E si attenne alle norme della tattica classica per cui è indispensabile lasciare l'avversario sotto l'impressione della inferiorità e del terrore. Ora, erano l'ironia e lo scherno. Freddo e lento si acuì in una tensione di precisione. Il pollice e l'indice si toccavano a cerchio e la destra, così portata alla fronte, pareva volesse estrarne distillate gocce di tossico.
«Non gettate, signori, altre chiacchiere vane alla nazione: cinquantadue iscritti a parlare sulle mie comunicazioni sono troppi...» Effettivamente erano troppi. Era il colpo di grazia.

Questo è il resoconto che fa Emilio Lussu di quello che è passato alla storia come il discorso del bivacco, il primo discorso di Benito Mussolini, in veste di Presidente del Consiglio, alla Camera dei deputati il 16 novembre 1922.


Ieri alla Camera dei deputati è avvenuta un'aggressione di stampo squadrista nei confronti di un parlamentare 5 Stelle, Leonardo Donno, da parte di tre parlamentari di Fratelli d'Italia - Federico Mollicone, Enzo Amich, Gerolamo Cangiano  - e di due parlamentari della Lega - Igor Iezzi, Stefano Candiani -.

Oggi la Camera si è riunita e per tutta la mattina i parlamentari delle opposizioni hanno chiesto alla presidenza di cambiare il resoconto del verbale con cui si descrive quanto accaduto mercoledì definendo disordini ciò che invece era stata un'aggressione. Non solo. Il porgere della bandiera italiana da parte di Donno a Calderoli viene descritto come avvenuto "con veemenza", ma non è così. Infine, i responsabili dell'aggressine squadrista non vengono citati.

La maggioranza, senza quasi mai intervenire nelle tre ore di discussione, ha votato per confermare quanto scritto nel verbale redatto la sera precedente, dove si descrive una verità completamente diversa da quanto effettivamente accaduto.

Inoltre alcuni parlamentari della maggioranza, con i leader di quei partiti che hanno fatto finta di ignorare l'accaduto senza esprimere alcuna parola al riguardo, si sono espressi in questi termini per ricostruire l'aggressione fascista:

Andrea Crippa, Lega: "Donno ha aggredito il ministro Calderoli, ha provocato la Lega e il Centrodestra per svariati minuti, poi c’è stato un tafferuglio dato dalle provocazioni di Donno, continue e costanti. Mi è sembrata una sceneggiata da buffone qual è. I pugni da parte di Iezzi? A parte stigmatizzare il gesto non mi sembra che l’abbia colpito, si è buttato per terra. Una sceneggiata da personaggio che non ha nessuna credibilità. Mi sembra che i risultati conseguiti dai 5 Stelle alle europee li abbiano molto innervositi".

In un'altra dichiarazione lo stesso Crippa afferma:

"Quanto successo ieri lo avete visto e lo hanno commentato tutti. Ci sono parlamentari tipo Donno che dovrebbero stare in un circo. Lui ci ha provocato e voleva aggredire il ministro Calderoli, continuando a fare gesti e segni. Il M5s evidentemente è deluso dei risultati elettorali e quindi sfoga il nervosismo provocando la maggioranza. Da parte dei deputati del Carroccio non c'è stata alcuna provocazione, neanche con il gesto della Decima. La provocazione è avvenuta da parte dei deputati 5s che hanno fatto gesti ed hanno cantato Bella ciao. Se, secondo me, il gesto della Decima è un gestaccio? Per me è peggio cantare Bella ciao perché il comunismo ha portato a milioni di morti. Purtroppo, in questo parlamento esistono ancora i comunisti".

Igor Iezzi, Lega: "Non l’ho colpito. Ho tentato, sì, più volte di aggredirlo ma davvero il pugno non l’ho sferrato io. E non ci sarebbe bisogno nemmeno del Var, che di solito aiuta a ricostruire l’azione quando si tratta di una questione di centimetri. Ma qui stiamo parlando di metri, io — vedete? — sono ben distante da Donno, ci sono altri deputati che intervengono, lo dice anche lui..."

Silenzio, nessuna parola di condanna, da parte dei leader della maggioranza: Meloni, Salvini e Tajani.

Un secolo fa l'Italia ha cercato di credere che un delinquente e i suoi sodali (Mussolini e i fascisti) fossero o dovessero essere considerati come se rappresentassero la normalità... e poi abbiamo visto quello che è accaduto... quanto è costato... non solo all'Italia.

Oggi, per non ripetere lo stesso errore, è DOVERE dire che i fratelli d'Italia e i leghisti non hanno nulla a che fare con il conservatorismo, perché sono semplicemente la riproposizione del fascismo. Quindi, adesso, è corretto definirli per quello che sono, puri e semplici fascisti... non patrioti, ma camerati.

Una doverosa riflessione di chiusura. Se dei camerati cercano di linciare un parlamentare che durante una seduta della Camera cercava di consegnare una bandiera italiana, che cosa ci dobbiamo attendere, d'ora in poi, in giro per l'Italia? L'attuale maggioranza ha sdoganato l'aggressione fascista. Adesso altri camerati di Lega e Fratelli d'Italia si sentiranno liberi di fare altrettanto... ovunque.