L'esercito israeliano, nella notte del 2 dicembre, ha detto di aver colpito più di 400 obiettivi, anche nel sud della Striscia nell'area di Khan Younis, dove migliaia di persone si erano recate dopo esser state sfollate dal nord.

Oggi, ai palestinesi che si trovano nella parte orientale di Khan Younis è stato detto di trasferirsi a Rafah, in pratica ancor più a sud al confine con l'Egitto.

Cosa vuol dire questo? Che anche il sud, che comunque finora è stato bombardato al pari del nord della Striscia, nei prossimi giorni, se non nelle prossime ore, vedrà iniziare i combattimenti a terra, con l'esercito israeliano che, anche in questo caso, si spingerà verso il mare, per chiudere, se sarà possibile, i combattenti delle milizie della resistenza palestinese in una specie di morsa che, nella terza fase del conflitto vedrà ancor più protagonista il centro di Gaza.

Il fatto è che questa non è una guerra contro Hamas, ma contro i 2,3 milioni di abitanti della Striscia che, metro per metro, viene completamente rasa al suolo, finché i suoi residenti - quelli sopravvissuti - non ne saranno evacuati.

Quello in atto nella Striscia di Gaza e nei Territori occupati è banalmente e tragicamente un attentato terroristico che va avanti da quasi due mesi e che ha causato finora circa 15.500 ufficiali e 40.000 feriti.

Non è normale, non è sopportabile, non è plausibile.

Ma la comunità internazionale ha finora fatto finta di non vedere e di non capire il genocidio in atto, reinterpretando i fatti in base al dettato della propaganda sionista, finendo così per essere complice di un crimine di guerra che sarà descritto come una vergogna dalle generazioni future.

Ma più passano i giorni, più quei leader si rendono conto che la loro finta cecità sta diventano insostenibile anche per l'opinione pubblica interna. Lo dimostrano le parole odierne di Macron, a margine del suo intervento alla COP28 di Dubai, che ha definito impossibile e irrealistico l'obiettivo dichiarato da Israele di sconfiggere Hamas, perché per raggiungerlo il conflitto durerebbe almeno 10 anni. Il presidente francese, che da Dubai si recherà a Doha, ha poi dichiarato che la sicurezza regionale di Israele non è possibile se avviene a scapito delle vite dei palestinesi, che ha come conseguenza una reciproca generazione di odio nell'opinione pubblica e nell'intera regione.

Sabato, alcuni camion hanno potuto di nuovo entrare a Gaza dal valico di Rafah dopo il divieto imposto ieri dallo Stato ebraico, ma è sempre ben poca cosa per le necessità dei palestinesi "prigionieri di Israele" nella Striscia. 

E a proposito di prigionieri, Netanyahu e Barnea, quest'ultimo il direttore del Mossad, hanno richiamato a Tel Aviv i negoziatori presenti a Doha, definendo l'attuale fase della trattativa come "impasse" di cui Hamas, e ci mancherebbe altro, è stata giudicata responsabile.

Ne sono felici i parenti dei prigionieri ancora a Gaza che rischiano la vita non a causa di Hamas, ma per le bombe israeliane? No, tanto che già per stasera hanno chiesto un immediato incontro con Netanyahu.