Le foto macchiate di sangue di Elia Tolidano, Nick Beezer e Ron Sherman hanno fatto da sfondo a quanto annunciato oggi dal portavoce delle Brigate Al-Qassam (ala militare di Hamas), Abu Ubaida, che in un video ha dichiarato:

"Abbiamo cercato di tenerli in vita, ma Netanyahu ha insistito per ucciderli".

In pratica, secondo quanto affermato da Abu Ubaida, le tre vittime odierne vanno a ridurre di altri tre il numero di prigionieri presenti a Gaza catturati il 7 ottobre dai miliziani palestinesi, aumentando di pari grado quello di coloro che sono stati uccisi dalle bombe israeliane.

Per Hamas, l'ulteriore rilascio di prigionieri da Gaza è subordinato solo allo stop definitivo e non temporaneo dell'invasione. Di tutt'altro avviso è invece Israele che nei colloqui in corso in Egitto ha ipotizzato uno stop ai combattimenti per una settimana in cambio del rilascio di 40 prigionieri.

Ma anche a New York, in relazione all'ultima risoluzione per un cessate il fuoco umanitario presentata dagli emiratini, si continua a trattare. Adesso, il nuovo ostacolo al voto slittato a questo giovedì sarebbe relativo al controllo degli aiuti che entrano nella Striscia. Finora è stato in mano ad Israele che deve dare il suo benestare per il loro ingresso. Il passo in avanti, invece, è quello di affidare tale compito al personale delle Nazioni Unite, in modo che il flusso degli aiuti umanitari possa essere velocizzato e, soprattutto, aumentato.

Israele, continuando a farsi forza dei civili uccisi il 7 ottobre - le tv locali non parlano d'altro da due mesi e mezzo -, ha cercato di giustificare il genocidio in atto a Gaza, affidandosi alla propaganda. Ma la propagnada è sempre, o quasi, l'opposto della verità. Oggi il Washington Post ha dichiarato che i  tunnel sotto l'ospedale Al-Shifa non sono collegati alla rete di tunnel di Hamas ed è pertanto improbabile, se non quasi certo, che al loro interno vi fosse un comando del movimento di resistenza palestinese. Tra l'altro, lo stesso ex premier israeliano Ehud Barak aveva detto che i tunnel erano stati costruiti dallo Stato ebraico per le esigenze dell'ospedale.

Le forze di occupazione israeliane, oltre a radere al suolo la Striscia e ad ucciderne i civili, sono impegnate anche a fare altrettanto in Cisgiordania. Non solo. A nord, al confine con il Libano, e a sud, sul Mar Rosso, l'IDF deve fronteggiare, rispettivamente, gli attacchi di Hezbollah e quelli degli Houthi, che minacciano le navi in transito sul tratto di mare cui si affaccia lo Yemen.

I due movimenti, supportati dall'Iran, non hanno le stesse armi di Israele, ma non sono neppure armati di lance e bastoni... Pertanto, sono un pericolo che costringono lo Stato ebraico a togliere risorse sia da Gaza che dalla Cisgiordania, rendendo meno efficace lo sforzo militare in quelle aree e più agevole la resistenza di Hamas nella Striscia.

Inoltre, rispondere agli attacchi con un'invasione del Libano e/o con  bombardamenti in Yemen, aumenterebbe il rischio di un allargamento del conflitto, con l'Iran che potrebbe anche dar seguito alle minacce finora annunciate in tal senso. E sempre in relazione a tale possibilità non va dimenticata la missione di pattugliamento e controllo del Mar Rosso organizzata dagli americani contro gli attacchi degli Houthi che rischia di creare i presupposti per innescare un allargamento della crisi ai Paesi dell'area.

Quindi, molte sono le speranze risposte nella risoluzione che prima o poi sarà votata al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Con un sì unanime allo stop dei bombardamenti su Gaza si fermerebbe sia la strage dei civili che il rischio di un conflitto regionale, che potrebbe allargarsi in breve tempo.