Chi è uno scrittore?
Lo scrittore stesso, a domanda specifica, spiega con difficoltà chi è uno scrittore.

Tante e ridondanti possono essere le definizioni.

Uno scrittore è un assorbente che assimila le scorie della società. Un bandito che non chiede riscatto. Un esiliato che cerca itinerari perduti.

Uno scrittore dovrebbe essere un contrabbandiere e un fuggiasco. Un emarginato e una puttana incorruttibile. Egli non ha portafogli, né passaporto. È un bugiardo che si occupa di verosimiglianza, un imbroglione di corte che sfila le mutande ai reali. Dovrebbe negare qualsiasi forma d’istituzione e di certezza. Dovrebbe accompagnare nella perdita costante di se stessi e usare l’utopia come mezzo di espressione.

Uno scrittore dovrebbe ambire alla censura perché se i libri fossero libri, andrebbero vietati. Uno scrittore dovrebbe pubblicare volantini. O scrivere sui muri affinché non ci siano più muri su cui scrivere. Dovrebbe stampare a puntate nella carta dei cioccolatini o nei tovaglioli; perfino sulla carta igienica e sulla porta del cesso; sulle schedine del gioco del lotto, nei pacchetti di sigarette, nella carta da regalo.

Oggi attraverso la rete ogni autore può pubblicare il suo libro. L’auto pubblicazione è una distesa d’acqua, non si possono distinguere le sue delimitazioni e nel mare è possibile trovare di tutto. Lo scrittore com’era percepito un tempo, non esiste più. Esiste l’autore.

Nel passato il profilo dello scrittore era diverso: esso attingeva dai propri studi, dalle proprie letture, non da internet. Era anche differente il bacino di lettori perché Dante, Petrarca o Manzoni vivevano in una società in cui il tasso di analfabetismo era alto.

Ai nostri giorni quella percentuale è ridotta. La rete è un posto dove c’è un forte incremento di citazioni. Bukowski è uno dei più gettonati, forse perché la sua prosa si adatta molto al web, ma chi cita Bukowski non è detto che abbia letto Bukowski, anzi. La fretta e la velocità sono i motori che muovono il mondo moderno e queste caratteristiche poco si adattano alla lettura.

Sul web vegetano personaggi che sfoggiano frasi in latino o in franzoso, altri che preparano un compitino — storico, culturale, politico, mistico — al solo scopo di ridurre una distanza. La mania più comune resta lo sfoggio di inglesismi seguito da un italiano claudicante.

Tornando alla scrittura, chi scrive raccoglie dati alla portata di ognuno. Internet è come un cervello esterno dove recuperare informazioni. Tutti, a scanso d’ipocrisia, scrivono per essere letti, ma che questo influenzi una trama o la scelta di un tema, fa male alla narrativa. Purtroppo, spesso, tutto quel che non serve, va a ruba.

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