"Se ripenso a Schillaci, non vedo un gol ma un dopogol, quello con l’Austria, anche quello un segno del destino perché non capita a tutti di segnare in un Mondiale quattro minuti dopo l’ingresso in campo, e di testa per giunta su cross di Vialli, uno che dei cross quasi sempre era destinatario, quasi mai autore.

Rivedo un’espressione da citazione montaliana (il girasole impazzito di luce), gli occhi sbarrati in una follia allegra, quella del povero che ha trovato un sacchetto di dobloni e crede che sia uno scherzo, non può toccare proprio a lui e invece sì, non sta sognando e non è uno scherzo, è la vita... Erano le notti magiche di un’Italia che meritava qualcosa di più del terzo posto, ed erano le notti magiche di Totò Schillaci.

Uno che, a rileggere le cifre, nella nostra serie A ha segnato 37 gol, che non sono molti. Ma in quel 1990 Totò, per i gol e per la maschera, era diventato il simbolo del nostro calcio, una specie di uomo della provvidenza, di spiritato jolly saltato fuori dal cilindro della panchina. Non era bello come Maldini, elegante come Baggio, poderoso come Vialli, freddo come Baresi ma accidenti se segnava.

II dopomondiale è un ritorno alla normalità, un po’ opaco, credo con più amarezze di quante Schillaci sia disposto ad ammettere. Ogni terra, quando si è stati in cielo, si assomiglia. Né alla Juve né all’Inter segna come prima, ed ecco il taglio netto, un Milano-Tokyo che allora sembrava da incoscienti. Era invece una scelta coerente.

In Giappone, oltre a pagarlo bene, non gli chiedevano di cambiare il suo modo di giocare, non gli imponevano sedute alla lavagna tattica: bastava che giocasse per il gol, come aveva sempre fatto."
Con un estratto dal libro "Ragazzi di latta" auguri a Totò Schillaci che giorno 1 dicembre compie gli anni.