Le università stanno poco bene e non certo da oggi: il malessere dell’accademia è una vecchia faccenda che continua a ripresentarsi e determina il lento disfacimento del discorso culturale e di quegli elementi centrali di una civiltà quali l’etica o l’onestà intellettuale. Le accademie, un po’ come la nave di Teseo, hanno lentamente subito una trasformazione perdendo quegli elementi che le rendevano dei luoghi di formazione intellettuale e ricerca, per trasformarsi in qualcosa d’altro, modificando e snaturando, al tempo stesso, il rapporto tra studio, conoscenza e vita. 

I luoghi dell’istruzione sono stati dapprima trasformati in diplomifici di massa al servizio di Stato e industria, fino ad arrivare alla metamorfosi contemporanea di ambienti in cui trovano spazio e sfogo, come si vede al momento tra i campus americani ed europei, antiche ideologie dell’odio come l’antisemitismo ed altro. Non sono unicamente i campus americani ad aver sfornato – e non “formato” – masse di studenti in volgarissimi ignorantelli urlanti che ritengono legittimo, nel XXI secolo, perorare, nelle strade e nelle aule, la causa di un barbarico gruppo terroristico come quello di Hamas dopo che questi mostri, il 7 ottobre 2023, senza alcuna ragione plausibile, hanno stuprato, sgozzato, assassinato e persino bruciato vivi migliaia di civili. Cortei orripilanti di studenti senza cervello, cuore o coscienza, hanno issato il vessillo nero di Hamas ponendosi, acriticamente, dalla parte della violenza, della più assoluta barbarie e dell’orrore. Costoro non sono però soli e le loro grida non provengono da una riflessione storica, sociologica o politica, ma sono l’eco di una classe docente non più capace di educare e di una “cultura” ormai soffocata dall’industria culturale. È una situazione persino difficile da descrivere perché rappresenta un sovvertimento tanto dei principi, quanto dei fatti, eppure basta prestare un po’ d’attenzione per accorgersi di questa onnipervadente società del contrario che grida attorno a noi e si manifesta in quasi ogni aspetto del vivere comune. Tutto questo, alla fine, rende la socialità vuota e nemica di se stessa ossia, da una parte, il trionfo del nichilismo, dall’altra, quello di Hobbes ed il suo infernale mondo di lupi.

Dalla fondamentale incapacità di veicolare discorsi razionali e culturali, ben coadiuvata da media generalisti che ormai fanno un mestiere diverso dall’informazione, o persino di studiare seriamente la storia recente del Medio Oriente, emerge un’incoscienza generalizzata talmente vasta da far sì che una parte del corpo studentesco si ponga, ciecamente ed acriticamente, dal lato dell’assassinio, dello stupro e dell’orrore, preferendo credere e dichiarando, paradossalmente, che questi crimini siano il contrario da ciò che sono. 

In America, come al solito, la situazione delirante è ancora più esacerbata rispetto ai poveretti senza mente e coscienza che protestano a Pisa oppure a Bologna, dove il rettore della “prima università del mondo occidentale”, fondata nel 1088, non è riuscito a rispondere come si dovrebbe ad una studentella ventenne che blaterava, dal podio, discorsi sconnessi ed insensati sul conflitto in Medio Oriente. Forse la gravità di tutto questo non viene compresa appieno perché si è ormai assuefatti ad un clima di disinformazione basata sull’opinione e sul litigio da piazza che le televisioni prediligono mettere in scena e diffondere con pompa magna.

Se, però, vi venisse detto che un Rettore, di qualunque disciplina, non è capace di mettere a posto, con poche parole, una studentessa che proclami la terra piatta o dica che 2+2 è uguale a 14, voi cosa direste? Ebbene di fronte a proclami similmente deliranti sulla vicenda mediorientale da parte di una certa Isabella, iscritta al terzo anno di Scienze delle Comunicazioni, la quale ha anche dichiarato di far parte dei «Giovani palestinesi» di Bologna (ci saranno forse anche i «Giovani ciprioti» di Oslo o i «Giovani normanni» di Montevideo?), il Rettore dell’Alma Mater Studiorum, togliendole il microfono, ha saputo solo borbottare qualche parolina generica e non è purtroppo il solo. 

Agli inizi di dicembre dello scorso anno, le rettrici delle università di Harvard, M.I.T. ed Upenn, durante un’audizione del Congresso americano sull’antisemitismo negli atenei, poste di fronte alla domanda se sia ammissibile, nei loro campus, inneggiare al genocidio degli ebrei, hanno variamente dichiarato che “dipende dal contesto”. Chi sappia ancora far di conto può qui osservare, con distinta chiarezza, da dove provenga allora la pochezza intellettuale degli studentelli vocianti: qualis est magister, talis est discipulus. Ai distratti, o agli affaccendati, tale problema potrebbe apparire come nuovo pur non essendolo. È noto il detto di ispirazione aristotelica secondo cui la filosofia non serve perché non è una serva, ossia il sapere autentico è affrancato dalla servitù, eppure l’accademia contemporanea serve, eccome se serve! Serve, ad esempio, a forgiare strumenti di vidimazione e legittimazione del dominio borghese sulla socialità. Serve a procurare, o produrre, certificazioni che hanno la mera funzione di passaporti di accesso a carriere specifiche ed elevate. Dai funzionari della Camera ai dipendenti del Quirinale i cui figli provocano la morte di un bimbo per giocare a fare i cretini su YouTube, fino al dr. Duilio Poggiolini, emerito funzionario del Ministero della sanità che riempiva i cuscini di casa con le banconote delle mazzette ricevute, è tutta una continua serie di scempi morali, umani ed intellettuali resi possibili anche da tali vidimazioni prive di contenuti etici. Ma questi soggetti – ed è evidente che si potrebbe continuare a lungo con l’elenco – sono solo la punta di un iceberg di letame morale ed abiezione umana che ha conseguenze gravi per la socialità intera. Il 100% degli alti funzionari dello Stato, dalle Corti superiori fino ai commissariati, i tribunali, il Servizio Sanitario Nazionale, i provveditorati, i Ministeri e gli enti di controllo, provengono tutti da un’università che non insegna se non le mode, le velleità, le fantasie ed i ghiribizzi del momento. Come potranno mai scegliere ed agire tali funzionari se posti di fronte alla scelta tra un interrogativo morale o un ordine da eseguire ciecamente? 

In università in cui le baronie ed il nepotismo si estendono per generazioni, in un corso tenuto dalla figlia o dal figlio del titolare di cattedra precedente, si potrà forse imparare qualche nozione di analisi matematica, magari anche come costruire un ponte o un rasoio che “funzionicchiano”, per citare un altro noto luminare dell’accademia contemporanea, ma non si potrà imparare l’onestà intellettuale o la deontologia professionale, perché quello che sta “insegnando”, leggendo dal manuale, è lì per ben altri motivi dal merito o la competenza specifica. L’Università con il nome più ironico tra tutti, ossia “La Sapienza” di Roma, ha avuto, tra i suoi docenti a contratto, persino un insegnante di matematica che lavorava, in precedenza, come protagonista cinematografico nel settore del porno, una qualifica che forse figura bene nel curriculum per l’ammissione all’insegnamento nell’accademia contemporanea. Sia come sia, studenti sottoposti a questi scempi continui impareranno male anche quella matematica necessaria a costruire quel dannato ponte o rasoio elettrico!

Quando i docenti dell’università italiana, nel 1931, giurarono fedeltà in massa al fascismo, la dignità della cultura italiana rimase sulle spalle di quella dozzina di professori che invece rifiutarono di umiliarsi per obbedire al regime. Come insegna la storia del discorso culturale, questo tema dell’indipendenza e dignità del sapere si pone, fin dalle origini, sia che si parli di Socrate, di Boezio, di Dante, del Guicciardini o dell’editore Angelo Fortunato Formiggini i quali si posero, anche a dispetto delle conseguenze, sempre dalla parte dell’etica e del vero. 

La primarii lapidis del pensiero greco sono i tre ideali della paideia: il Buono, il Vero ed il Bello. Cosa è rimasto di tutto questo nei corridoi delle università contemporanee? Segreterie affollate da clienti in cerca di un timbro su un certificato? Una classe docente incapace di aprire un libro o di documentarsi sulla storia del Medio Oriente prima di lanciarsi in panegirici di sciocchezze in televisione o in aula? Gente che non ha neppure il bisogno di esimersi da un dovere morale ed intellettuale perché non ha mai neppure sentito il peso della responsabilità che deve provare, ogni educatore, di fronte agli alunni nel momento in cui apre la bocca o pone il gesso sulla lavagna.

Quando Platone intraprese il suo grandioso progetto sociofilosofico di provare a curare la malattia della polis, cosa fece? Chiamò forse alle armi i suoi discepoli andando ad occupare l’acropoli di Atene? Oppure scelse un’area circondata da un boschetto sacro ad Atena e dedicato all’eroe Acàdemo e lì edificò la prima vera università della storia? Alla società che aveva condannato a morte il suo maestro Socrate, colui il quale “ha portato la filosofia dai cieli alla terra”, Platone rispose fondando un luogo in cui i pensieri ed i discorsi potessero nuovamente trovar casa, venir perpetuati e, un giorno, tornare a germogliare i loro dolci frutti. Il terreno fertile della prima accademia della storia ha arricchito e determinato, con un fondamentale afflato etico, il percorso della cultura autentica fino ad epoche a noi prossime. Ancora oggi, se ignoriamo la chiacchiera volgare e sciocca di coloro i quali, calunniando il Grande Greco, infangano solo se stessi e la loro epoca, il pensiero che proviene dall’antica terra greca sarebbe in grado di far germinare frutti di sgargiante bellezza e verità. 

Le rocche arcigne sulle quali troneggiano ormai gli atenei contemporanei ed in cui prosperano i troppi accademuncoli incapaci di distinguere tra vero e falso o tra giusto e sbagliato, sono luoghi brulli in cui si trasmettono alcune, poche, nozioni tecniche e tutto vi ha posto ed accesso tranne ciò che è Buono, Vero e Bello. Di questa situazione testimoniano, lapalissianamente, gli eventi contemporanei; gli studenti aizzati dai loro docenti alla ripetizione acritica di slogan altisonanti e privi di senso, ma tracolmi di odio cieco ed antico contro le vittime ed a baldanzoso sostegno dei carnefici. Solo chi è privo di occhi e di cuore può credere che questa situazione non porterà erbe amare per tutti.