Le Alte Parti Contraenti,
considerando che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella Risoluzione 96 (1) dell’11 dicembre 1946 ha dichiarato che il genocidio è un crimine di diritto internazionale, contrario allo spirito e ai fini delle Nazioni Unite e condannato dal mondo civile;
riconoscendo che il genocidio in tutte le epoche storiche ha inflitto gravi perdite all’umanità;
convinte che la cooperazione internazionale è necessaria per liberare l’umanità da un flagello così odioso,
convengono quanto segue:
Art. I
Le Parti contraenti confermano che il genocidio, sia che venga commesso in tempo di pace sia che venga commesso in tempo di guerra, è un crimine di diritto internazionale che esse si impegnano a prevenire ed a punire.
Art. II
Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:
a) uccisione di membri del gruppo;
b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;
e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.

...

Il testo precedente è l'incipit della Convenzione del 9 dicembre 1948 per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, riconosciuto (e firmato) da tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite, compreso lo Stato di Israele.

Perché riportare il testo? 

Perché il ministro degli Esteri Tajani, in una intervista al Corriere della Sera pubblicata il 14 gennaio, ha risposto così alla seguente domanda: 

Cosa pensa del processo per genocidio contro Israele cominciato all’Aja?«Per noi non esiste il presupposto per un processo simile, il che significa che non ci sono dati che autorizzano a dire che uno Stato come Israele abbia posto in essere scientemente delle azioni per eliminare un’etnia dalla faccia della terra. Che poi ci siano stati degli atti e delle misure che potevano essere modulate in modo diverso è un altro discorso: abbiamo sempre raccomandato a Tel Aviv di cercare di evitare ritorsioni che coinvolgono la popolazione civile, ritorsioni eccessivamente aggressive. Da parte nostra stiamo facendo il massimo sia per aiutare i profughi palestinesi che la popolazione civile, ma non dimentichiamo mai che se la reazione di Israele deve essere proporzionata, Hamas continua a farsi scudo con il suo stesso popolo».

Naturalmente, essendo un "giornalista" del Corriere della Sera", il giornalista che ha intervistato il ministro degli Esteri italiano si è dimenticato di farsi spiegare a chi si riferisse il noi (va inteso come plurale maiestatis o come governo?) e - soprattutto - in base a quale motivazione Tajani possa sostenere "che non ci sono dati che autorizzano a dire che uno Stato come Israele abbia posto in essere scientemente delle azioni per eliminare un’etnia dalla faccia della terra".

Infatti, se Tajani avesse saputo minimamente di cosa stesse parlando, si sarebbe ben guardato dal fare tale dichiarazione. Infatti, il comma c dell'articolo II riporta che è da considerarsi genocidio "il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale".

Subito dopo l'inizio dei bombardamenti su Gaza, Israele ha impedito per diverse settimane l'arrivo nella Striscia di qualsiasi tipo di rifornimenti necessari alla sopravvivenza dei civili. Dopo aver ridotto alla fame e alla sete la popolazione, distruggendo anche ogni tipo di  infrastruttura necessaria al supporto della popolazione civile, Israele ha acconsentito il flusso giornaliero nella Striscia di poche decine di camion, quando prima del conflitto ne arrivavano in media circa 500 al giorno, creando così i presupposti - secondo le agenzie delle Nazioni Unite - per carestia e epidemie... in pratica condizioni che possono portare alla "distruzione fisica, totale o parziale" dei palestinesi di Gaza.

Un piano non casuale, voluto e studiato deliberatamente dal gabinetto di guerra israeliano e annunciato dal ministro Gallant il 9 ottobre 2023, data in cui fa sapere di aver autorizzato l'interruzione della fornitura di cibo, acqua ... di qualunque cosa all'intera Striscia di Gaza.

Non c'è bisogno di essere esperti di diritto internazionale e/o di diritti umani per comprendere quello che il ministro Tajani non riesce o fa finta di non comprendere, cioè che a Gaza Israele sta deliberatamente compiendo un atto di genocidio.

Inoltre, Tajani dovrebbe anche informare i suoi concittadini - in base a quanto da lui sostenuto - come debba essere qualificata ad oggi la "ritorsione" di Israele: dopo oltre 24mila morti e la distruzione tra il 60% e il 70% di ciò che era edificato nella Striscia, tale ritorsione è o meno da considerarsi aggressiva e, nel caso quale sarebbe, secondo Tajani, il limite che possa far scattare o meno l'aggressività di cui parla? E quali sarebbero per Israele le conseguenze?

Ci sarebbe anche da chiedergli come possa giustificare il termine "ritorsione" con il diritto internazionale, visto che tra le sue norme non sembra prevedere la legge del taglione come fa intendere il ministro degli Esteri, oltre a farsi spiegare quali sarebbero fatti e circostanze documentate in base alle alle quali ritiene che i civili palestinesi sarebbero usati come scudi umani da Hamas, visto che i 2,3 milioni di palestinesi residenti a Gaza sono letteralmente "prigionieri" all'interno di un "recinto" di meno di 400 Km², da cui non possono "evadere".

Sono domande a cui Tajani non ha risposto, a cui forse non è in grado di rispondere e, quel che è peggio, che probabilmente non si è neppure posto.

E c'è chi sostiene che Tajani sia un ministro capace... figuriamoci gli altri!