Cox’s Bazar, in Bangladesh, è dove si sono rifugiati oltre 582.000 Rohingya in fuga dalle violenze nello stato di Rakhine, in Myanmar. In base al comunicao diffuso da MSF, la situazione dei rifugiati sta drammaticamente peggiorando: nei soli primi due mesi della nuova ondata di arrivi, la ONG assistito oltre 30.000 pazienti, un numero cinque volte maggiore a quello delle persone trattate nelle proprie strutture nello stesso periodo dello scorso anno.

«Se la risposta a questa crisi non aumenterà per far fronte all’enorme bisogno di rifugi, acqua pulita, assistenza medica e cibo, temiamo lo scoppio di una grande epidemia e, con essa, un’emergenza di salute pubblica», ha dichiarato Roberto Onus, coordinatore di questa emergenza per conto di MSF.

Per affrontare questa crisi umanitaria, Medici Senza Frontiere, in aggiunta al personale già sul campo, ha inviato altre 800 persone, portando la propria presenza a Cox’s Bazar da 200 a 1.000 operatori.

«Raramente ho visto così tante persone, centinaia di migliaia, vivere in ripari di fortuna, bloccati in un'area delle dimensioni di una piccola città europea e con scarso accesso ai servizi di base», racconta Paul Jawor, esperto di acqua e potabilizzazione per MSF.

Oltre che dell'acqua, Medici Senza Frontiere si è occupata anche di strutture sanitarie, aumentandone il numero nell'area anche utilizzando cliniche mobili.

Però, «Oltre alla risposta medica, l’aumento di acqua e di servizi igienici è fondamentale per prevenire il diffondersi di malattie», ha spiegato Roberto Onus. «Con l’approssimarsi della stagione secca e l’aumento della popolazione, l'accesso all'acqua rimarrà la preoccupazione principale in tutti gli insediamenti. Come MSF prevediamo di continuare questo lavoro fino a dicembre.»

Finora sono state costruite 200 latrine, 34 pozzi e un sistema di approvvigionamento dell’acqua che ogni giorno viene rifornito in media di 100m. cubi provenienti dal centro medico di Kutupalong. Da adesso fino alla fine dell’anno, nelle baraccopoli di Balukhali e Kutupalong saranno costruiti 100 pozzi tubolari profondi, 300 pozzi tubolari di minore profondità e 1.000 latrine.

«Data l’estensione della popolazione e le precarie condizioni di igiene, servono almeno 8.000 latrine per scongiurare la diffusione delle malattie. Ma con una popolazione di oltre 582.000 rifugiati che si sono aggiunti ai 200.000 già presenti, rimangono da colmare enormi lacune nei servizi e nelle infrastrutture», ha concluso Roberto Onus.