Fatah, il partito di Abu Mazen, ed Hamas, il partito islamista adesso guidato da Hamdallah, hanno fallito qualsiasi tentivo di riconciliazione finora fatto per il passaggio di Gaza alle dipendenze dell'Autorità Palestinese ed a farne le spese sono i palestinesi che abitano nella Striscia.

I palestinesi lì confinati in questi giorni si trovano a dover lottare contro un peggioramento delle loro condizioni di vita, già non certo idilliache, a causa del braccio di ferro tra Fath e Hamas.

Il governo di Ramallah, per mettere in difficoltà Hamas, ha intrapreso una serie di iniziative che non potevano finire per non impattare sulla popolazione di Gaza, riducendo del 30% gli stipendi ai dipendenti dell’Anp nella Striscia, tagliando i sussidi a centinaia di ex detenuti legati ad Hamas, ripristinando le imposte sul carburante dell’unica centrale elettrica che fornisce energia e, per ultimo, chiedendo ad Israele di ridurre la fornitura di elettricità, dopo che l’Autorità palestinese ha ridotto i pagamenti mensili di tale approvvigionamento del 30%.

Soprattutto la carenza di energia elettrica rende drammatica la situazione nella Striscia, con la possibilità di creare a breve gravi problemi di carattere sanitario. A causa della scarsità di corrente, le acque reflue non vengono depurate e, pertanto, finiscono direttamente in mare senza essere trattate. Ma i problemi riguardano anche la depurazione dell'acqua da bere, i servizi sanitari... E poi ci sono le attività economiche.

Una situazione gravissima che ha portato Robert Piper, coordinatore umanitario dell’Onu nei Territori palestinesi occupati, a rivolgere un appello all’Autorità palestinese, ad Hamas e ad Israele per impegnarsi "a mettere in primo piano il benessere dei residenti di Gaza e ad adottare le misure necessarie per evitare ulteriori sofferenze".

Secondo Piper, "gli ospedali, l’approvvigionamento idrico, i servizi di trattamento delle acque reflue e i servizi igienico-sanitari sono già stati notevolmente ridotti a partire dalla metà di aprile e oggi dipendono quasi esclusivamente da un’operazione di emergenza di fornitura di combustibile da parte delle Nazioni Unite.

Un’ulteriore riduzione dell’elettricità richiederà la consegna mensile di un milione di litri di carburante per mantenere le funzioni minime di 186 strutture essenziali operanti in tutta la Striscia. Un ulteriore aumento dei black out nella Striscia porterà a un crollo totale dei servizi di base. Le persone a Gaza non dovrebbero essere tenute in ostaggio di questa lunga disputa interna palestinese."

Paradossalmente, questa situazione preoccupa anche Israele che stavolta non è parte in causa diretta delle difficoltà dei palestinesi che occupano la striscia di Gaza. Per lo Stato ebraico, infatti, il deterioramento della situazione potrebbe portare ad una rivolta della popolazione presente nella Striscia ed avrebbe come possibile conseguenza un conflitto in cui Israele finirebbe per essere coinvolto.