Succede più spesso di notte. Possiamo svegliarci per qualunque motivo e poi avere difficoltà nel riprendere sonno. Oppure durante il lavoro, a un tratto ci ritroviamo con la mente occupata, in crisi, perché “qualcuno” ha deciso di mettersi a chiacchierare.

Perdiamo il controllo della nostra coscienza; ascoltiamo quella voce che dice di tutto e quasi sempre nel momento meno opportuno. Inizia una specie di confronto con lei che chiacchiera senza tregua, evoca qualunque cosa, rimugina, accusa, assolve, pretende e non si arrende: «Oggi avrei dovuto pagare le bollette, lo farò domani. No, domani non posso. Intanto… quasi quasi vado a fare uno spuntino. Ieri sera ho visto un film pessimo. Eh, mi ricordo quando volevo fare recitazione. Perché non l’ho fatto? Invece avrei dovuto aprire quel negozio di… Ma c’è qualcuno che bussa? Ah, è solo rumore. Già, i rumori, si, quelli si misurano in decibel, sono logaritmici».

E così via, senza sosta.

Questa storia inizia già nei primi anni di scuola. S’impara presto a smarrire la coscienza e lasciar soggiogare i cinque sensi dalla vaghezza dei pensieri; infatti con gli anni inizieremo a recitare quella famosa litania: «Ah, quanto eravamo spensierati una volta…». E forse qualcuno rimarrà perplesso nel rilevare questo disaccoppiamento tra coscienza e pensieri. E’ sentimento comune ritenere che la maturità sia affine all'accrescimento dei pensieri: più sono costanti e assillanti, più matura è la coscienza, altrimenti si rischia di essere tacciati per immaturi, sciatti, menefreghisti. Ma non è affatto così. Quella cosa non è maturità di coscienza, ma di consapevolezza turbata da pensieri disturbanti.

Tornando alla scuola, tutti ricordiamo che già alle elementari i maestri ci dicevano «Concentratevi!». Nessuno di loro però insegnava come ci si doveva concentrare. Si dà spesso la colpa ai docenti che non riescono a catturare l’attenzione degli studenti, e in parte è vero, ma il problema più singolare è l’assenza di discipline contemplative: l’allenamento alla percezione costante della coscienza. E vediamo meglio di cosa stiamo parlando, anche per capire come gestire quel chiacchiericcio fastidioso.

La percezione della coscienza è percezione del sé, della propria esistenza e del tutto che circonda tale esistenza (anche il nulla assoluto), rilevato attraverso la piena padronanza dei propri sensi. Si è incoscienti durante i sogni, sebbene allenandosi si possano fare sogni coscienti; o a vari livelli nella vigile quotidianità, e quindi mentre ci si immerge nella lettura, oppure ci si fa rapire da un film coinvolgente. E così via fino all’essere incantati e incastrati dal chiacchiericcio della mente. I sensi, in questi casi, sono sempre sottratti al controllo cosciente e trasmettono sensazioni inesistenti: quelle vissute dagli altri, nei sogni, nelle pellicole dei film, nel problema che attanaglia, o infine  evocati dalla vocina che ricorda, accusa e si preoccupa.

I nostri sensi sono croce e delizia; paradossalmente, se non li avessimo, o se fossero ridotti (come in chi ha deficit uditivi, visivi, etc.), sarebbe più facile avvertire la propria coscienza ed esserne padroni.

Quando si percepisce la coscienza si ha immediata cognizione della realtà percepita attraverso i sensi a disposizione, senza alcuna necessità di analizzare ogni elemento e oggetto già percepito. Si è immersi nell’esistenza come pura coscienza osservando il mondo circostante come un semplice fenomeno che accade attorno a noi. Non si è alla mercé di nulla, e al contempo consapevoli di ogni cosa e della sua indipendenza da noi. Ci si rende conto che le cose, le persone, le situazioni, esistono ed esisteranno al di là della nostra esistenza stessa.

Questo stato di limpida consapevolezza del sé e dell’esistenza di ogni cosa, che presuppone la completa assenza di pensieri, è normalmente acquisito durante la meditazione concentrativa, praticata da milioni di persone al mondo. Uno stato che si raggiunge gradualmente e facilmente dopo un periodo di costante allenamento; per nulla faticoso, giacché possibile attraverso pratiche rilassanti come la meditazione zazen o vipassana - ad esempio - in una qualunque postura comoda che allenti ogni tensione muscolare (distesa, seduta, ecc.). La rete è piena di articoli, corsi e consigli in tal senso, e basta provare a seguire ciò che fa sentire più agiati.

Spegnere la mente, i pensieri, è fondamentale per acquietare il chiacchiericcio mentale e rigenerarsi nella semplice coscienza dell’essere, dell’esistere, e permette di raggiungere una pace interiore fortemente terapeutica per il recupero di formidabili energie. Partendo da dieci minuti al giorno, per conquistare la capacità di controllare la propria mente e decidere quando e cosa pensare, acquisendo il superpotere di poter divenire pura concentrazione ogni qualvolta sia necessario. Appropriandosi, infine, della meditazione analitica.

Quest’ultima permette l’esame incondizionato e contemplativo di qualunque oggetto/evento reale, idealizzato, astratto. Dalla cosa più banale, come l’analisi critica di quel flusso di pensieri (chiacchiericcio) che si potrà contemplare da semplici osservatori e metterlo a tacere all’istante; alla più impegnativa, come riflettere su un problema che sta a cuore ponendosi oltre esso e determinandone ogni più piccolo e dettagliato aspetto. Il livello di meditazione analitica è dunque il punto di arrivo per chiunque sappia raggiungere lo stato di concentrazione che porta a essere pura coscienza.

E’ facile? Si e no. Perché lo è come decidere di dedicare tempo alla cura del fisico (salute), alla cultura (salute), alla dieta (salute), rubando un po’ di tempo a quello smodatamente eccessivo che si dedica ad altre amenità ludiche e tecnologiche del secolo (rimbecillimento). Quindi serve volontà!

Nessuno - ripetiamolo! - ci ha insegnato come ci si concentra davvero. Ma è assolutamente essenziale alla nostra vita e salute. Tutti, poi, lo pretendono, lo chiedono, lo impongono, proprio a partire dai banchi di scuola. Ma questa è solo un’altra delle innumerevoli stoltezze educative e pretese di una società inutilmente incerottata da regole, usanze e sistemi che la rendono ugualmente un colabrodo. Crogiuolo per bestie da soma, ma non certo coerente con l’intelligenza dell’homo sapiens sapiens.

Buona concentrazione a tutti, quella vera dell’attenzione senza pensieri.



📸 base foto: “La Meditazione”, Francesco Hayez (1850, olio su tela), pubblico dominio