Ascolto ricostruzioni su ciò che è accaduto nell’ospedale a Gaza e so che non ci sarà mai una verità. Non tanto perché sia difficile ricercarla, ma perché è totalmente inutile.

La verità non serve a nessuno perché tanto ognuno ha già scelto la sua secondo quell’automatismo che Paolo Giordano oggi ha definito sul “Corriere” bias di conferma, e non c’è prova o dimostrazione che non sarà contestata. E sono proprio gli automatismi, una coazione a ripetere che sta governando gli eventi di questi giorni.

Quasi ogni famiglia israeliana piange un morto da parte di quei macellai e tutti vivono nel terrore e nella paura per gli ostaggi e per tutto quello che gli sta montando intorno. I corvi fondamentalisti sono in volo mentre i capi di Hamas staranno certo gongolando dal piacere vedendo che quel loro macello ha prodotto proprio quel tipo di reazione che desideravano e si aspettavano.

Ora molti si affannano a fare una distinzione tra Hamas e i palestinesi, come se questa cosa fosse possibile. Se Hamas esiste è perché un terreno di coltura lo ha reso possibile, quello stesso terreno di coltura che certamente non saranno le bombe e altre migliaia e migliaia di morti a fertilizzare diversamente. Anzi. Potranno anche essere eliminati tutti gli aderenti ad Hamas, ma se il prezzo deve essere una enorme scia di lutti e disperazione da quei morti e da quelle sofferenze ne nasceranno altre di Hamas.

Ecco perché mi chiedo se non c’è un modo per spezzare la sequenza, nell’interesse di tutti, israeliani e palestinesi.

Perché ad esempio, mentre da la caccia ai miliziani per ricacciarli nel loro inferno, non è proprio Israele ad aprire un altro varco per far arrivare a Gaza aiuti, per la situazione inumana che quella popolazione sta vivendo; quegli aiuti che l’Egitto blocca e magari anche mandarne di propri?

Perché pare che non ci si chieda cosa ci sarà dopo, dopo aver raso al suolo Gaza; quali potranno essere le prospettive per quella gente sfollata e senza più niente altro che lutti e macerie? Quando non ti resta niente non puoi neanche scegliere, e la disperazione è cattiva maestra.

Ed è proprio nell’interesse anche dello stesso popolo israeliano, che mi aspetterei qualcosa di diverso, di spiazzante. Per togliere ai fanatici dell’Islam un pretesto ipocrita e che continuino pure senza alibi a odiare il nostro mondo imperfetto, ma di sicuro migliore del loro. Perché vorrei che Israele potesse continuare a fare le cose straordinarie che sa fare; nello spirito dei fondatori di una vera e moderna democrazia nata dal dolore più grande che si possa immaginare. 

Pare che Golda Meir una volta abbia detto: potremo forse perdonarvi un giorno per aver ucciso i nostri figli, ma non vi perdoneremo mai per averci costretto a uccidere i vostri! 

Ecco, è proprio questa sequenza che credo debba essere prima o poi spezzata, ma temo che gli eventi non lo consentiranno.