Esponenti di dieci fedi religiose si sono dati appuntamento lunedì sul circuito di Marina Bay per invocare la benedizione di Dio, senza star lì a specificare quale, sul prossimo Gran Premio di Formula 1 di Singapore, che si disputerà il 18 settembre.

La presenza della composita combriccola sulla pista è ormai diventato un rituale che si ripete ogni anno dal 2008, anno in cui si disputò per la prima volta una gara di Formula 1 sull'isola estremorientale.

Viene da pensare che gli organizzatori, se hanno fatto ricorso a questo, non abbiano molta fiducia nelle loro capacità. Nei panni dei piloti non mi sentirei molto tranquillo.

Meglio essere prudenti, però, prima di lasciarsi andare a facili ironie. Ci sono precedenti che inducono a riflettere, non ultimo quello del Leicester City.

La squadra di Caudio Ranieri, vincitore a sorpresa della Premiere League lo scorso campionato, ha potuto contare su una decina di monaci buddisti fatti arrivare in Inghilterra dalla Tailandia in occasione delle partite casalinghe, per benedire calciatori e campo di gioco. D'accordo, è impossibile stabilire quanto questo abbia inciso sulla vittoria finale, però... Viene anche da chiedersi se, in questi casi, si possa parlare di doping.

A Singapore, che è uno stato multietnico e multireligioso, eventi come questo sembrano essere piuttosto frequenti. Ogni occasione è buona per chiamare a raccolta queste variopinte confraternite, come è accaduto nel dicembre scorso per l'inaugurazione di una nuova linea della metropolitana.

Fossi Marchionne un pensierino ce lo farei. Ormai per battere la Mercedes non gli è rimasto altro che chiamare a Maranello tutti i vescovi dell'Emilia-Romagna, con l'aggiunta di qualche imam della zona.