Che un politico si autocelebri è normale, anzi dovuto, ancora di più quando costui è nel pieno di una campagna elettorale. Così sia di Matteo Renzi. Inutile sperare di leggere nei suoi rituali appuntamenti web delle note che siano diverse dal ricordare quanto di buono sta facendo, ha fatto e farà.

C'è sempre però un elemento che disturba, ed è quello che quanto da lui fatto quando era al governo è sempre sistematicamente in contrasto con la realtà da lui descritta.

E così uno si ritrova a leggere che Matteo Renzi adesso ritiene la ludopatia una delle piaghe del nostro tempo, definendola persino terribile. Ma come! Non ha fatto niente per combatterla e per limitare iniziative e favori alle aziende che promuovono il gioco d'azzardo e adesso ecco che Renzi scopre che è un problema?

Ma Renzi non si limita a questo, insistendo sulla bontà del Jobs Act, e lo fa tirando in ballo il prof. Tommaso Nannicini, che "ha scritto un contributo molto utile per fare chiarezza su veri numeri del JobsAct".

Ancora una volta, il povero Matteo si rifiuta di fare i conticon la realtà dimenticando che le critiche alla sua controriforma del lavoro arrivano pure da coloro che, invece dovrebbero essere tra i suoi sponsor.

Così, l'ADAPT, associazione senza fini di lucro fondata da Marco Biagi nel 2000, ha ricordato che i 20 miliardi di euro spesi dal governo Renzi per invertire in modo strutturale il trend dei nuovi contratti di lavoro, a vantaggio di quelli a tempo indeterminato, non hanno funzionato. Con la riduzione della decontribuzione, vi è stato un ritorno all’andamento precedente alla riforma del Jobs Act. In sostanza, la certificazione di un fallimento con un spreco incredibile ed inutile di risorse.

Matteo Renzi cita poi il QE della Banca Centrale Europea – che ha "sostenuto con tutte le nostre forze durante il semestre di presidenza e che è stato perfettamente gestito dal Presidente Draghi – che ha aiutato molto sotto il profilo degli interessi sul debito pubblico". E tanta è l'arroganza e l'autostima del personaggio che ha avuto pure il coraggio di affermare che "contestualmente la riduzione dello spread è stata possibile grazie anche al lavoro di riforme a cominciare da quella sul lavoro o quella sulle banche popolari."

E figuriamoci! Ma anche se fosse vero, Renzi si è però dimenticato che il QE di Draghi ha inciso - e non poco - sull'aumento del PIL, insieme al tasso di cambio dell'euro favorevole ed il prezzo del petrolio molto conveniente. Tutti dati che poco hanno avuto a che fare con l'aumento del benessere delle condizioni di vita degli italiani, tanto che il numero di nuovi poveri è aumentato.

Ma queste cose Matteo Renzi si dimentica di ricordarle. E allora che cosa dobbiamo pensare di un soggetto del genere che ha come obbiettivo quello di diventare - ancora una volta - presidente del Consiglio, se non che sia uno smemorato o un bugiardo matricolato?

E nell'uno e nell'altro caso, quale che sia la verità, sarà sempre comunque inadatto a ricoprire una qualsiasi carica pubblica.