Pierpaolo Marino parla a Marte Sport Live: “Napoli-Milan: il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? L’esercizio da fare, secondo me, è quello di dividere la partita in due parti: bicchiere vuoto nel primo tempo, mezzo pieno o pieno nel secondo. Nei primi 45’ il Milan ha nettamente dominato la scena e poteva fare più di due gol, ma nella ripresa ho visto un Napoli voglioso, grintoso, con l’agonismo e l’intensità giusti per recuperare il risultato. Alla fine, era una gara che si poteva vincere. Garcia sembrava contento a fine gara, si è accontentato? Se fossi il direttore del Napoli partirei dal concetto che questo Napoli è fortissimo, non deve porsi limiti, affrontando le partite senza presunzione ma con la convinzione di poter battere chiunque, anche senza Osimhen. Le dichiarazioni dell’allenatore ridimensionano l’autostima del gruppo e non sono funzionali a ciò che deve fare un Napoli che paga un inizio di stagione imbarazzante, avendo la squadra subito il trauma del cambiamento di allenatore. La squadra è fortissima, dovrebbe stare otto punti più su. Lo svantaggio accumulato in classifica va recuperato con pazienza e soprattutto con la voglia di battere chiunque, altrimenti ti rallegri di un pareggio quando le altre vincono e ti ritrovi con due punti in meno in classifica. Ci vuole un’altra mentalità, non quella di accontentarsi. Fatte le debite proporzioni, Cagliari-Frosinone è l’emblema che dimostra che non bisogna mai darsi per battuti. Il calcio insegna che puoi anche vincerla, il Cagliari era sotto di tre gol a pochi minuti dalla fine ed ha chiuso la gara sul 4-3. Il problema del Napoli è che Garcia non è sereno, non ha i crismi di uno Spalletti come mentalità, come forza del messaggio e anche coma arguzia nella comunicazione: Luciano ne usciva sempre bene, con ironia o con la forza. Il francese invece è un allenatore che sente aria di sfiducia intorno a sé, anche da parte della società. A me è parso che il club abbia inteso fare così: ‘Aiutiamo te per aiutare noi’, anche se in generale non è il massimo della vita pensare che, a quei livelli, una società debba aiutare il proprio allenatore. Insisto nel dire che se a questa squadra le si imprime una mentalità giusta può fare anche 11-12 vittorie di seguito, avendo grandi potenzialità e dovendo anche recuperare Osimhen. Maradona che cosa ci ha lasciato in eredità? Diego ha insegnato a tutti, dal magazziniere al presidente, la voglia di vincere. Non voleva perdere mai, si arrabbiava anche quando stava pareggiando in un’amichevole. Mi ricordo, ad esempio, le storiche partite a ping-pong contro Bagni a Soccavo. Lui era forte anche a ping-pong e se perdeva tirava le racchette addosso all’avversario: non voleva perdere neanche lì.Quando a fine tempo la squadra non stava giocando bene il primo che richiamava i compagni era lui, in modo coinvolgente. Calciatori come Maradona sono unici, pezzi unici, ti lasciano il chiaro messaggio di come un fuoriclasse debba essere completo, non solo in campo ma anche fuori. Diego era un trascinatore, ma anche uno psicologo: lui privilegiava gli uomini più umili dello spogliatoio per coinvolgerli. Per un allenatore averlo significava anche avere una grossa mano in questa gestione”.