Il testo seguente è parte dell'intervento tenuto martedì dal Presidente della Repubblica in occasione dell’incontro con una delegazione di  Casagit,  la cassa di assistenza sanitaria dei giornalisti italiani.

"... La libertà di stampa è fondamentale per la nostra democrazia, come per qualunque democrazia.Che vede nella nostra Costituzione una tutela netta, chiara, indiscutibile, a fronte della quale vi è una assunzione di responsabilità da parte dei giornalisti: la lealtà, l’indipendenza dell'informazione, la libertà di critica nel rispetto della personalità altrui, il rispetto dei fatti.Ma è un elemento indispensabile della nostra democrazia, e questo carattere di indispensabilità io ho cercato tante volte di richiamarlo e sottolinearlo.Ed è in realtà un ruolo indispensabile che sta a cuore alle istituzioni, chiamate a tutelarla, ciascuna nelle proprie competenze e nei propri ambiti e, naturalmente, nelle proprie responsabilità.Vorrei cogliere l'occasione, approfittandone e rivolgendomi ai tanti presenti che, oltre a occuparsi di Casagit, sono anche nella veste insopprimibile di giornalisti e quindi tramite tra istituzioni e i nostri concittadini, tramite informativo per far notare che frequentemente il Presidente della Repubblica viene invocato con difformi, diverse motivazioni.C'è chi gli si rivolge chiedendo con veemenza: “il Presidente della Repubblica non firmi questa legge perché non può condividerla, perché gravemente sbagliata”, oppure: “il Presidente Repubblica ha firmato quella legge e quindi l‘ha condivisa, l'ha approvata, l'ha fatta propria”.Il Presidente della Repubblica non firma le leggi, ne firma la promulgazione, che è  cosa ben diversa. È quell'atto indispensabile per la pubblicazione ed entrata in vigore delle leggi, con cui il Presidente della Repubblica attesta che le Camere hanno entrambe approvato una nuova legge, nel medesimo testo, e che questo testo non presenta profili di evidente incostituzionalità.Se andasse al di là di questo limite che gli assegna la Costituzione e dicesse, per esempio: “non promulgo questa legge perché c'è forse qualche dubbio di costituzionalità che potrebbe racchiudere e raffigurarvisi”, si arrogherebbe indebitamente il compito che è rimesso alla Corte costituzionale.O se, addirittura, dicesse: “non firmo questa legge perché non la condivido, perché, a mio avviso è sbagliata”, farebbe ben altro, andrebbe al di là di qualunque limite posto dalla Costituzione nel rapporto tra i poteri dello Stato e tra gli organi costituzionali.Quando il Presidente della Repubblica promulga una legge, non fa propria la legge, non la condivide, fa semplicemente il suo dovere, che è quello che ho descritto. Qualche volta ho come l'impressione che qualcuno pensi ancora allo Statuto Albertino in cui, come è noto, la funzione legislativa veniva affidata congiuntamente alle due Camere e al re. Quando le Camere approvavano la legge, il re prima di promulgarle doveva apporre la sua sanzione, cioè la sua condivisione nel merito, perché aveva anche attribuito il potere legislativo.Fortunatamente non è più così. Il Presidente della Repubblica non è un sovrano, fortunatamente, e quindi non ha questo potere. Ha soltanto quello che ho descritto. Anzi nei suoi compiti c’è, tra quelli fondamentali, quello di fare in modo che ciascuno rispetti la Costituzione. A partire da sé stesso, naturalmente, e che ciascuno la rispetti nel colloquio e nel confronto tra gli organi costituzionali.Sarebbe grave se uno di questi, e tra questi anche il Presidente della Repubblica, pretendesse di attribuirsi compiti che la Costituzione assegna ad altri poteri dello Stato.E questa è una indicazione di democrazia che si inserisce in quell’armonico disegno che la nostra Costituzione indica e presenta, in maniera sinceramente ammirevole per coloro che la scrissero, che ebbero la forza - in condizioni difficili e anche dialetticamente molto accese - di definirla e approvarla.Anche questo rientra nella libertà, nel rispetto della libertà di tutti coloro a cui la Costituzione assegna un compito, che nessun altro può sottrarre per farlo proprio.E questo esercizio di libertà costruttiva, positiva, in cui la democrazia si esprime, quello che fa Casagit è un messaggio, un contributo significativo, perché è quello di garantire la tranquillità, la serenità dei giornalisti, sotto diversi profili: della sanità, della salute, del sociale che, complessivamente, è un compito indispensabile per la nostra democrazia.Che muta nel tempo, come quella splendida stampa che mi avete donato. Quella splendida vista, indica che muta molto nel tempo. Non siamo più con i cavalli, con le carrozze, neanche più con le auto, con le Flaminie degli anni ‘50. Siamo in condizioni molto diverse e nessuno più del mondo giornalistico lo avverte, con le profonde modifiche vi sono.Quello che è importante, e che si mantiene sempre inalterato, è il quadro dei valori che la Costituzione indica e che la democrazia comporta. ..."

Nella stessa giornata, la premier Meloni berciava contro la libertà di stampa senza regole, richiamandosi al presunto dossieraggio di cui la destra a suo dire sarebbe stata vittima, dopo che pochi giorni fa aveva spiegato - senza aver convinto nessuno - che la critica alle istituzioni per non aver difeso la polizia in relazione alle manganellate di Pisa non era rivolta al Quirinale, ma alle opposizioni che la volevano attaccare sul premierato!

Per questi motivi, non è affatto da escludere che le parole di Mattarella possano commentarsi con il ben noto detto popolare "dire a nuora perché suocera intenda", in modo da far presente anche pubblicamente a Meloni, senza innescare la miccia di un conflitto istituzionale, tutta la sua insoddisfazione per come la premier sta ricoprendo l'incarico di cui l'ha investita.