Ratifica ed esecuzione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023, nonché norme di coordinamento con l'ordinamento interno.

Questo è quanto ieri il Quirinale aveva comunicato, dando così il via libera all'accordo sui migranti da "spedire in Albania", siglato dalla premier italiana Giorgia Meloni e da quello albanese Edi Rama. Un via libera comunque parziale, perché la Corte Costituzionale di Tirana ha dato l'alt al patto, annunciando di volerne approfondire eventuali criticità, segnalate dai partiti di opposizione al governo Rama, a partire da metà gennaio 2024.

Nel caso l'accordo dovesse andare in porto, il costo per l'Italia sarebbe di oltre 650 milioni di euro in 5 anni, in base al testo del ddl firmato da Mattarella. In pratica, un'operazione di pura propaganda politica per le elezioni europee, ad opera di Giorgia Meloni per promuovere FdI, pagata dai contribuenti italiani, oltre che l'ennesimo atto di brutalità verso i migranti e un precedente pericolosissimo nella gestione dell'accoglienza che, per la prima volta, viene delocalizzata in un paese extra-Eu in luoghi di detenzione dove lo stato di diritto e i diritti umani sono sospesi e garantiti non si sa bene da chi.


Sul tema migranti, il governo di destra-centro, oggi dovrebbe aver ricevuto comunque un "assist" dall'Ue. Infatti, il Parlamento europeo e il Consiglio Ue hanno fatto sapere di aver raggiunto un accordo politico sul patto migrazione e asilo, in base al quale - secondo Ursula von der Leyen - "saranno gli europei a decidere chi verrà nell'UE e chi potrà restarvi, non i trafficanti. Significa proteggere chi ha bisogno". 

"Questo patto - secondo la presidente della Commissione Ue - garantirà inoltre che gli Stati membri condividano gli sforzi in modo responsabile, mostrando solidarietà a coloro che proteggono le nostre frontiere esterne e prevenendo al contempo la migrazione illegale verso l'UE e fornirà all'UE e ai suoi Stati membri gli strumenti per reagire rapidamente in situazioni di crisi, quando gli Stati membri si trovano ad affrontare un gran numero di arrivi illegali o di strumentalizzazione quando paesi ostili tentano deliberatamente di destabilizzare l'UE o i suoi Stati membri. Oltre al patto, la Commissione sostiene gli Stati membri attraverso misure operative concrete per affrontare le sfide immediate.Stiamo attuando piani d'azione concreti per combattere l'immigrazione clandestina attraverso il Mediterraneo, i Balcani o l'Atlantico. Stiamo costruendo partenariati con i paesi di origine e di transito, per combattere i trafficanti e i trafficanti e per garantire l'effettivo rimpatrio nel paese di origine dei migranti senza diritto di soggiorno nell'UE. La chiave per una gestione efficace della migrazione illegale risiede nell'interazione tra questi due pilastri. Un quadro giuridico forte ed efficace offerto dal Patto su migrazione e asilo".

Come precisato poi dalla commissaria agli Affari interni Ylva Johansson, le nuove norme istituiscono un'unica procedura di richiesta per un permesso combinato di lavoro e soggiorno dell'UE (un "permesso unico").

"Le norme riviste prevedono un insieme comune di diritti per i lavoratori provenienti da paesi extra-UE, per quanto riguarda le condizioni di lavoro, la sicurezza sociale, il riconoscimento delle qualifiche e i benefici fiscali.Per rimanere competitiva a livello globale, l'UE deve essere in grado di attrarre talenti nei settori in cui ne ha più bisogno. Affrontare le esigenze del mercato del lavoro con i talenti e le competenze giusti favorirà la crescita e l'innovazione. Le nuove norme contribuiranno a questo obiettivo snellendo la procedura di richiesta del permesso unico, rendendola al tempo stesso più efficace per i lavoratori e i datori di lavoro extracomunitari. Questa revisione migliora anche la tutela dei diritti dei lavoratori extracomunitari e la loro protezione dallo sfruttamento lavorativo.Una volta adottata, la legislazione (rivista) permetterà di:

  • consentire ai cittadini extra-UE di richiedere un permesso unico non solo da paesi extra-UE ma anche da uno Stato membro se già risiedono in quello Stato membro sulla base di un permesso di soggiorno;
  • introdurre procedure di candidatura più rapide per facilitare il reclutamento internazionale;
  • prevedere una più forte tutela dei lavoratori provenienti da paesi extra-UE, anche introducendo il diritto di cambiare datore di lavoro e un periodo minimo di disoccupazione durante il quale non deve essere revocato il permesso unico; ciò significa che entro il periodo di validità del permesso i lavoratori avranno il diritto di cambiare datore di lavoro pur continuando a risiedere legalmente nello Stato membro;
  • garantire che i beneficiari di protezione ai sensi della legislazione nazionale possano beneficiare del diritto alla parità di trattamento se è loro consentito lavorare;
  • includere nuovi obblighi per gli Stati membri di prevedere ispezioni, meccanismi di monitoraggio e sanzioni contro i datori di lavoro che violano i diritti dei lavoratori extracomunitari, compresi i diritti alla parità di trattamento".

L'accordo politico raggiunto dal Parlamento europeo e dal Consiglio sarà comunque soggetto all'approvazione formale da parte dei colegislatori. Una volta pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, la Direttiva entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione e gli Stati membri avranno 2 anni per recepire le disposizioni della Direttiva nel diritto nazionale.

E dopo tutto ciò arriva il "niet" di Budapest.

Infatti, il governo ungherese ha dichiarato di "rifiutare con forza" l'accordo raggiunto a Bruxelles su migranti e diritto d'asilo.

Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, contestando il contributo obbligatorio per tutti gli Stati al meccanismo di solidarietà.

"Respingiamo con forza questo patto sui migranti. Non lasceremo entrare nessuno contro la nostra volontà",

ha precisato il ministro ungherese. Al momento nessun commento da parte di Giorgia Meloni, fiera sostenitrice delle politiche, tutte, di Viktor Orban. 

Ma anche il governo Meloni, prima di esultare vuole vederci chiaro. QUesto il commento del "Fratello" d'Italia Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo ECR al Parlamento UE ed ex portavoce della premier: 

"L'accordo raggiunto a livello UE sul Patto migranti e asilo rappresenta indubbiamente un passo in avanti nel contrasto all'immigrazione illegale e, in generale, nella gestione del fenomeno migratorio. È ancora presto, però, per festeggiare il superamento del regolamento di Dublino, occorre approfondire nei dettagli gli aspetti importanti e decisivi dell'accordo. Questo sviluppo positivo non ci sarebbe stato se il governo italiano, il più esposto sul fenomeno migratorio, non avesse ottenuto un cambio di paradigma nell'approccio all'intera problematica, come è rinvenibile anche nella posizione particolarmente dura della commissione UE contro i trafficanti di esseri umani.Prima di accogliere con favore il nuovo patto - continua Procaccini - è necessario tenere conto che i regolamenti su asilo e migrazione rappresentano solo una parte della soluzione. Gli stessi regolamenti vanno poi applicati e resi efficaci con l'attività sul campo, dove spesso intervengono le politiche delle sinistre per sabotare qualunque piano capace di affrontare in maniera seria e definitiva il controllo dell'immigrazione.Ringrazio il collega dell'ECR Jorge Buxade' per il lavoro svolto in qualità di relatore del regolamento Eurodac, perché è sicuramente grazie alla sua attività se saranno introdotte norme più stringenti nella identificazione degli immigrati irregolari".